In tempo per le feste...

mercoledì 24 dicembre 2008


Sono rientrato, giusto in tempo per un giorno di festa.

Soru ci ha lasciato.
Ne danno il lieto annunzio i sardi tutti.
Che, va da se, spero, rendano la pariglia a tutta la coalizione di centrosinistra, che ha governato in modo assolutamente vergognoso per tutti questi anni, spartendo favori a destra e manca a mille amici e amichetti...

Per il Governatore (ex): grazie di tutto quello che non hai fatto. Possibilmente stattene nel tuo castello a Bonaria ed evita di ripresentarti, non credo avrai lo stesso tributo elettorale.

ps: portati un pò della mondezza che hai accolto nella nostra regione, visto che tanto ci tenevi...

A proposito di riforma Gelmini...

giovedì 23 ottobre 2008

Il governo non può pagare sprechi, baronie e inefficienze degli Atenei
di Raimondo Cubeddu


Forse bisognerebbe partire da ciò che ha detto il Ministro Gelmini nella conferenza stampa col Capo del Governo: "Ho avviato controlli in alcuni atenei che sono vicini al dissesto finanziario e che sono peraltro quelli dove le occupazioni sono più forti [...] Il tentativo di riversare sul governo la responsabilità di una cattiva gestione che oggi raggiunge il livello di guardia è smentito dai fatti. Quindi cerchiamo di mettere le carte in tavola, di giocare a carte scoperte".

Tristemente, o pateticamente, l'autunnale protesta del mondo della scuola è purtroppo, come gli spaghetti, il mandolino e la mafia, parte integrante del folklore italiano; e fa bene Berlusconi a dire che occorre porre fine ad una buffonata che dura da decenni. Un male endemico ed indifferente ai contenuti ed ai governi, come ben sa chi ricorda le proteste contro le riforme di Berlinguer. Il tutto - con le irrinunciabili occupazioni, piccole e grandi violenze, tentativi di intimidire chi si rifiuta di firmare documenti deliranti, etc. - nel paese in cui si vorrebbe insegnare ad ogni livello la 'cultura della legalità', il rispetto delle 'diversità' e il 'patriottismo costituzionale' (le versioni moderna e colte della vecchia 'educazione civica').

Che a questi mestatori non debba essere offerta l'occasione del 'martirio' è nella logica delle cose politiche e nella gestione prudenziale di vicende che vedono coinvolti frotte di giovani e meno giovani che aspirano a fare i testimoni di una 'nuova Resistenza'. Ma qualcosa bisogna pur fare, soprattutto perché il nostro sistema educativo non ha tanto bisogno di ritocchi che eliminino piccoli difetti, quanto di una riforma radicale la cui urgente necessità non può essere accantonata nella speranzosa attesa che dal variopinto insieme di 'esperti di problemi educativi', che da decenni 'consigliano' i ministri proponendo riforme deliranti quanto le proteste dei contestatori d'oggi, emerga un nuovo Croce o un nuovo Gentile.

Prima di ritornare sulle parole del Ministro Gelmini è però bene fare alcune considerazioni. Nel nostro paese – il quale, e non dimentichiamolo, figura nelle posizioni di coda dei vari rapporti internazionali sull'educazione, e che comprendono anche paesi non occidentali – son stati smantellati o ristrutturati interi settori industriali con il licenziamento o la collocazione in cassa integrazione di migliaia di lavoratori a basso reddito. Nella scuola e nell'università si intende soltanto monitorare l'emergenza bloccando per alcuni anni il turn over.

Dai tempi della riforma Berlinguer era chiaro che l'autonomia universitaria avrebbe comportato la possibilità di scegliere se investire risorse nella didattica, nella ricerca o nei servizi. Si trattava quindi di una responsabilizzazione a cui gran parte del mondo accademico ha risposto in maniera sostanzialmente sbagliata (anche se le cosiddette 'valutazioni comparative' su base locale le ha pensate un qualche ministro del passato) sia aumentando le spese del personale con talora immotivate promozioni interne, sia aumentando il numero dei corsi e tenendoli in vita anche se frequentati da pochissimi studenti.

Dopo alcuni anni si scopre così che le spese per il personale hanno raggiunto, e talora superato, il 90% dei bilanci, che molte università hanno accumulato centinaia di milioni di euro di debiti, che alcune di esse non hanno neanche pagato i contributi previdenziali per i propri dipendenti. Che per la ricerca, come per la pulizia dei locali, non ci sono fondi.

Chi oggi protesta sostiene che ricerca e didattica, ovvero le riforme, non possono essere fatte a costo zero, ma non ha un progetto alternativo adeguato ai tempi e alle circostanze. Il tentativo, come giustamente ricorda la Gelmini, è quello di scaricare sull'attuale governo le responsabilità della situazione. E' vero che la produzione di cultura è un bene pubblico che in genere non ha ricadute immediate e i cui risultati, poiché si vedranno nel tempo, vanno sostenuti dalla finanza pubblica; ma da qui a sostenere che il governo debba pagare il conto della megalomania di docenti ed atenei (moltiplicazione di corsi e sedi) il passo è lungo. E i tempi, come è abbondantemente noto, non consentono di fare un'eccezione per quei settori, come l'università, non proprio 'virtuosi'.

Inoltre, è da dire che il mondo dell'università, anziché strumentalizzare gli studenti per nascondere i propri errori, dovrebbe assumersi qualche responsabilità per quel che è successo e per l'opposizione ai progetti di riforma che sostanzialmente propongono di legare la qualità della didattica e della ricerca a un conto economico. Ciò che vuol dire razionalizzare e valorizzare quel che viene prodotto: cosa diversa dall'accusare la Gelmini di voler 'privatizzare la scuola' e trasformare le università in fondazioni.

Ciò detto, è purtroppo innegabile che fin dalla sua nascita, l'attuale governo ha sottovalutato il problema dell'università. Non era difficile prevedere quel che sta accadendo, ma, e ancora una volta purtroppo, si è aspettato che la protesta esplodesse. Quei "controlli" si sarebbero dovuti fare prima. E accanto ad essi chiederei al Ministro anche di accertarsi se sia vero quel che mi è capitato di sentire da un alto dirigente scolastico di una città di provincia ma con una grande università: che per i programmi ministeriali lo scopo dell'educazione primaria sarebbe quello di "costruire la struttura mentale" del fanciullo; ciò per cui sarebbe necessario uno staff di docenti. Sinceramente non solo non me lo sarei mai immaginato, ma non me ne sono neanche accorto. Non sarà forse il caso di chiedersi chi ha fatto quei programmi e, soprattutto, se il degrado del nostro sistema educativo sia da mettere in correlazioni con simili futili aberrazioni da regime totalitario?

E' vero che le emergenze son tante e che il governo non può stabilire l'ordine in cui si presentano; ma arrivare oggi a dire che tra qualche mese sarà presentato un progetto di riforma organico senza che di esso si sappia al momento molto, non è stato saggio. In particolare dal punto di vista della comunicazione all'opinione pubblica, che purtroppo è finora mancata.

D'altra parte non appare né saggio né prudente far di tutta la mala erba un fascio. La realtà, infatti, e per parziale fortuna, è che accanto ad università irresponsabili ve ne sono altre che in questi anni hanno ridotto significativamente la spesa corrente e sono riuscite a fare una politica del personale finalizzata ad obiettivi realistici nel campo della ricerca e della didattica. Università che, come lamentano i loro rettori, è ingiusto punire accomunandole agli stessi criteri di rigore, imposto e doveroso, cui sono da assoggettare quegli atenei sull'orlo del disastro economico e culturale. Se la cattiva gestione è il risultato di comportamenti 'non virtuosi', e non dei provvedimenti governativi, perché non prevedere, non foss'altro che per spezzare il fronte della protesta, un qualche 'premio' per quegli atenei che non corrono il rischio del "dissesto finanziario"?

Fonte: L'Occidentale

Opinione con alcuni spunti interessanti, non trovate? O vogliamo fare come fanno tutti, cioè perderci nelle banali logiche di partito e di politica spicciola? All'Università italiana occorre una riforma, è una questione logica evidente agli occhi di tutti. Al solito ci si pone davanti l'alternativa: o proporre politiche alternative che permettano di evitare la bancarotta, o sbattere i piedi perchè non si vuole correre il rischio di affrontare una riforma certo difficile ma altrettanto necessaria.

Protestare a senso solo se l'intenzione è quella di proporre alternative valide e percorribili e non, come alcune sigle stanno facendo in queste ore, protestare per (di fatto) mantenere privilegi e sprechi il cui peso, domani, ricadrà come un macigno su tutto l'insieme dell'istruzione italiana. Si vuole forse arrivare a questo?

Travaglio (ri)condannato

giovedì 16 ottobre 2008


Il presunto collega Marco Travaglio è stato condannato a 8 mesi di prigione e 100 euro di multa perché diffamò Cesare Previti, al quale andrà anche un risarcimento di 20mila euro che sarà probabilmente sborsato dall’Espresso. Il settimanale, infatti, il 3 ottobre 2002 ospitò un articolo diffamatorio sicché la direttrice Daniela Hamaui, a ruota, è stata condannata a 5 mesi e 75 euro che è una pena piuttosto elevata, se rapportata al di lei cosiddetto «omesso controllo». Ma siamo solo al primo grado, e la pena in ogni caso è stata sospesa per entrambi.

La diffamazione è il reato a mezzo stampa per eccellenza, spesso fisiologico a chi scrive di cose giudiziarie: nel caso di Travaglio, tuttavia, la condanna lo trasforma in un classico bersaglio del suo stesso metodo. Il reato è del 2002, ma giudicato nel 2008, dunque è presumibile che andrà in prescrizione prima del giudicato; il reato, inoltre, ricade tra quelli coperti dall’indulto approvato nel 2006; il reato, infine, stando al suo gergo da film con Thomas Milian, trasforma Travaglio in un «pregiudicato» poiché in precedenza era stato condannato sì come diffamatore, ma solo in sede civile. Condannato, oltretutto, sempre per azione di Previti: nel 2000, per un suo articolo pubblicato sull’Indipendente nel 1995, il tribunale l’aveva già condannato al pagamento di 79 milioni che gli furono progressivamente decurtati dal reddito mensile.

Nel febbraio scorso, poi, nella sua Torino, Travaglio è stato condannato a risarcire Mediaset e Fedele Confalonieri per alcune ingiurie pubblicate sull’Unità del 16 luglio 2006; la notizia di questa condanna registrò tra l’altro un curioso episodio: un collaboratore dell’Espresso, Daniele Mastellarini, scrisse sul suo blog che «Travaglio, che è sempre molto preciso sulle condanne altrui, scrive che “dovrò pagare 10mila euro più le spese al dottor Fedele Confalonieri”, mentre in realtà sono 12.000 e dimentica la pubblicazione dell’estratto sul Corriere della Sera, che ha un costo non indifferente. Travaglio non riporta anche la condanna a risarcire Mediaset per 14.000 euro, e soprattutto non dice che davanti al giudice ha definito la propria rubrica “di carattere satirico”». Questo scrisse Mastellarini prima che il suo rapporto con l’Espresso, senza nessuna spiegazione, avesse a interrompersi. Altre querele, come una di Antonio Socci, Travaglio le ha scansate chiedendo pubblicamente scusa.

Ma torniamo a ciò che in una botta sola trasformerebbe Travaglio in pregiudicato o prescritto o indultato. L’articolo del 2002 era sottotitolato così: «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia. Un uomo d’onore parla a un colonnello dei rapporti di Cosa Nostra e politica. E viene ucciso prima di pentirsi». E già qui il cosiddetto «sottinteso sapiente» pare chiaro.
Lo sviluppo, poi, è ignobile: classico copia & incolla a tesi dove un pentito mafioso spiega che Forza Italia fu regista di varie stragi e fece un patto elettorale con Cosa Nostra. Il pezzo di Travaglio farebbe schifo già così, ma la sua disonestà intellettuale deve ancora dare il meglio. Vediamo.
Il pentito del caso, Luigi Ilardo, raccontò queste cose che finirono in un rapporto redatto nel 1993. Ma Ilardo venne freddato da due killer nel 1996, talché «quello che avrebbe potuto diventare un altro Buscetta non parlerà più. Una fuga di notizie, quasi certamente di provenienza “istituzionale”, ha avvertito Cosa Nostra del pericolo incombente». Chi ha raccolto le confidenze del pentito, si legge, è il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, in seguito coinvolto in un processo su presunti blitz antidroga pilotati. Riccio, nel 2001, viene convocato nello studio del suo avvocato Carlo Taormina assieme a Marcello Dell’Utri e al tenente Carmelo Canale, entrambi imputati per concorso esterno in associazione mafiosa. Taormina negherà, ma secondo Riccio in quello studio si predisposero cose losche: aggiustare deposizioni, scagionare Dell’Utri, cose del genere. Poi l’infamia. Travaglio cita un verbale reso da Riccio, sempre nel 2001: «In quell’occasione, come in altre, presso lo studio dell’avv. Taormina era presente anche l’onorevole Previti». E praticamente finisce l’articolo: l’ombra di Previti si allunga dunque su traffici giudiziari, patti con Cosa Nostra, regie superiori e occulte.


Il dettaglio, l’infamia, è che Travaglio non mette il seguito della frase. Eccola per intero: «In quell’occasione, come in altre, presso lo studio dell’avv. Taormina era presente anche l’onorevole Previti. Il Previti però era convenuto per altri motivi, legati alla comune attività politica con il Taormina, e non era presente al momento dei discorsi inerenti la posizione giudiziaria di Dell’Utri». Questo è il presunto collega che questa sera arringherà le folle ad Annozero. Questo è Travaglio.

Fonte: Il Giornale

Ma tu pensa; graziato dall'indulto. Piove sul bagnato, Governo ladro! Attendiamo la prossima occasione, sperando sia meno propizia al "coso" (chiamarlo giornalista è un insulto alla categoria). Nel frattempo avrà tutta la solidarietà del compagno Santoro, che lo dipingerà come il solito martire laico. Speriamo solo che ricordi al pubblico che, al momento, l'unica certezza è che dice un mucchio di cazzate. Cosa che il dott. Santoro, ovviamente, non farà.

ps: l'ha detto il giudice, non sono stato io! :-)

Politiche del lavoro

giovedì 9 ottobre 2008

VIA LIBERA!
Vi segnalo un interessante appuntamento, sul tema (attualissimo) delle Politiche del Lavoro.
L'incontro si terrà a Cagliari, l'11 Ottobre alle ore 10.00, presso il Thotel.
Tale appuntamento è organizzato (e sviluppato) da un amico.
A questo indirizzo potrete leggere una breve descrizione di quelli che saranno i contenuti del convegno.
Se volete, possiamo trovarci in loco. Io ci sarò, garantito!! :-)

...cure

lunedì 6 ottobre 2008


... dopo la sconfitta referendaria!
Brutto modo per iniziare a lanciare l'assalto allo scranno dell'Imperatore Soru, in vista delle Regionali del 2009.
Poteva esser l'occasione per porre rimedio a due gravissimi errori compiuti dalla giunta, invece alle logiche della libertà di esprimersi nel referendum ha prevalso la libertà di disimpegnarsi.
C'è da dire che il centrodestra non è immune da colpe: all'interno dello schieramento ha vavuto la meglio, allo stesso modo, la diatriba interna piuttosto che l'interesse dei cittadini. Il fronte per il Si ai referendum, infatti, è stato retto da una manciata di politici, mentre gli altri, probabilmente, se la spassavano in gita, complice la discreta giornata.
Mi auguro la prossima volta si possano evitare simili cazzate...

Ps: ad ogni modo, il prossimo conterraneo che sentirò lamentarsi della disastrosa gestione delle acque in Regione dovrà fare i conti con la mia furia!

A proposito, ecco due articoli: il moderato e lo schierato.

Poeta in erba

domenica 21 settembre 2008


Finalmente è arrivata la tanto agognata raccolta di versi del poeta-guerriero. L'attendevamo da tempo.
Pubblicata, manco a dirlo, in America.
Ne faremo buon uso (vedi sopra).

L'eterno riposo

venerdì 19 settembre 2008


Grazie a certo sindacato marxista, l'Alitalia è (praticamente) fallita.
I miei più sentiti complimenti.
Chissà se i piloti esulteranno tanto quando si troveranno per strada...
Mi spiace solo per le loro famiglie, queste si incolpevoli della loro follia... e di coloro che li rappresentano.

Sul mestiere più antico (e redditizio, per gli sfruttatori)

sabato 13 settembre 2008


Dichiarazione del ministro Mara Carfagna che, dopo aver finalmente emanato norme più severe per prostitute e clienti (i quali, non dimentichiamolo, sono i veri colpevoli del fenomeno, ndr), con l'ormai famoso ddl Carfagna, ha detto:

"Il governo non regolamentera' la prostituzione negli appartamenti, mentre sono allo studio delle norme per intervenire sulla pornografia on line". Lo ha detto questa mattina a Rainews 24 il ministro per le Pari opportunita', Mara Carfagna. "Non e' nostra intenzione normare la prostituzione nelle case private - ha spiegato il ministro - perche' vorrebbe dire regolamentare e legittimare questo fenomeno. E non e' nelle intenzioni del governo". Con queste parole, Mara Carfagna ha risposto alla richiesta d'intervento avanzata dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, anche lui ospite di Rainews 24. E sulla prostituzione in internet, il ministro ha assicurato: "Ce ne occuperemo contestualmente con il tema della pedofilia e della pedopornografia on line".

Fonte: AgiNewsOn

Bene così: è ora di utilizzar il pugno duro. Non si tratta 'appena' di pulire le strade (sarebbe come nascondere la polvere sotto ai tappeti, e a quel punto sarebbe solo demagogia), ma di far capire che la perversione di alcuni (troppi) alimenta le già ricche tasche della malavita. Per questo no anche alle case chiuse, che sono la vergogna di uno stato che si arrende davanti allo 'status quo'.

Bene così, al momento!

Zitti tutti, parla Sofri


Zitti tutti, parla Sofri
di Mario Cervi

La spocchia aggressiva con cui Adriano Sofri ha voluto togliere al commissario Calabresi l’aureola del martire, (leggere l'articolo pubblicato su 'Il Foglio', disponibile qui, ndr) e ai suoi assassini la qualifica di terroristi, è sconvolgente. Sofri è fatto così, e Michele Brambilla ne ha descritto ieri, con straordinaria penetrazione, i cupi contorsionismi logici. Ma certi silenzi seguiti al proclama con cui l’ex leader di Lotta Continua ha rivendicato, in nome dell’idea, la nobiltà e l’ineluttabilità del sacrificio d’un innocente, sono peggio che sconvolgenti. Sono ripugnanti. Sono silenzi che attestano il doppiopesismo, l’ipocrisia, il conformismo pavido d’un ceto politico capace solo d’indignazioni a comando. Non un vero scatto di reazione morale di fronte alla provocazione di Sofri. Nel palazzo si sono sentite alte e forti - ma prevedibili nel tono e nella sostanza - le voci di esponenti del centrodestra, Maurizio Gasparri e Paolo Romani. Gli altri zitti, o capaci soltanto di borbottii vaghi. Zitti gli strenui difensori della magistratura, che danno istericamente addosso al centrodestra se critica un giudice, ma sono di una calma marmorea se viene tacciata d’iniquità una sentenza definitiva. Dov’è finita la sensibilità esasperata di quanti, apostoli della Costituzione, dell’antifascismo e di chissà quant’altro, sono saltati addosso a Gianni Alemanno e a Ignazio La Russa per le loro frasi sul ventennio e su Salò? Fossero o no opportune, esse riguardavano una problematica storica e avvenimenti del passato remoto. Sofri s’è occupato invece di se stesso, dei suoi compagni d’un tempo, e della loro (e sua) vittima: polemizzando oltretutto con il figlio di quella vittima diventato giornalista. Ma per Alemanno e La Russa s’è scatenato il finimondo, il Capo dello Stato ha avvertito l’esigenza di un suo intervento. Confesso che avrei gradito una parola dal Quirinale anche per riaffermare che gli uccisori del commissario Calabresi erano terroristi, che il commissario non era un repressore crudele, che non è lecito invocare la tragedia di piazza Fontana e la morte dell’anarchico galantuomo Pinelli per attribuire un alibi etico, se non giudiziario, ai fanatici “rossi”. Osservo per inciso che Sofri, addebitando a Calabresi d’essere stato un attore di primo piano nella “ostinata premeditazione” contro gli anarchici, ripropone una vecchia tesi secondo cui la Questura di Milano, subito dopo la strage di piazza Fontana, volle dolosamente deviare le indagini. Non intendo sollevare dubbi sulle conclusioni raggiunte successivamente. Osservo peraltro - essendo stato anche cronista di quell’evento spaventoso - che Valpreda aveva fondato un circolo il cui motto era “bombe sangue ed anarchia”, e che l’interessarsi a quel circolo e al suo creatore dopo che una bomba era scoppiata non aveva nulla di stravagante. Tra i silenzi che mi hanno assordato - secondo un detto ormai in voga - debbo registrare anche quello del quotidiano Repubblica, dove è uscito l’articolo di Mario Calabresi contestato da Sofri, e dove scrive lo stesso Sofri. Non una riga di notizia o di commento. Eppure per Repubblica, il cui fondatore Eugenio Scalfari fu tra i firmatari d’un manifesto che definiva Calabresi “commissario torturatore” questa vicenda dovrebbe essere interessante. Invece niente. Non ha taciuto invece un ex di Lotta Continua, Gad Lerner. Il quale, dopo aver ritualmente espresso profondo rispetto per Mario Calabresi e la sua famiglia, ha aggiunto: «Questo non può togliere ad un uomo già privato della sua libertà (non da un regime poliziesco ma da giudici indipendenti ndr) il diritto alle sue opinioni». Si può anche convenire. Diritto alle opinioni per Sofri come per Alemanno. Ma la differenza sta nelle reazioni. L’assunto è che i ragazzi ventenni arruolati dalla Repubblica di Salò fossero malvagi, e non lo fossero invece i giustizieri della P 38, Sofri dixit. A sinistra espressioni imbarazzate («uscita fuori luogo») o, lo ripeto, un silenzio di tomba. Come quella che ormai da 36 anni custodisce i resti di Luigi Calabresi.

Fonte: IlGiornale.it

Assolutamente vergognoso.

Obama? Se la sta facendo addosso...

giovedì 11 settembre 2008


Il senatore democrats, sempre così lindo e profumato e pacato, pare che abbia perso la sua proverbiale tranquillità, incappando in un passo falso degno di un pivellino.
Precisamente, si tratta dell'ennesimo passo falso serio. Il terzo, per la precisione.

Il primo è stato questo.

Il secondo eccolo qua, pochi giorni fa.

Se tanto mi da tanto, domani potrebbe esserci su questo blog un altro post su qualche altra sua clamorosa gaffe...
Sta dimostrando, di fatto, di non esser pronto a guidare proprio nulla, men che meno l'America, visto che al primo momento serio di tensione è sbottato, sbraitando e insultando.
Dove stia la novità della politica fatta in questo modo, non è dato sapere.
Pensate forse che gli americani possano esser tanto sprovveduti, tanto sciocchi, da dare in mano il governo della nazione ad un politico simile? Suvvia, siamo seri...


ps: nell'immagine il senatore osserva il traguardo, che era e resta sempre a debita distanza...

Picche e ripicche (04/09/2008)

martedì 9 settembre 2008

# «Uccidere il padre, psicoanaliticamente parlando, può andare bene. Mangiarsi tutta l’eredità no», dice Sergio Chiamparino sulla Stampa (29 agosto).
Il dibattito all’interno del Pd diventa giorno dopo giorno più sereno. Presto si passerà a esaminare l’argomento se sia opportuno o meno divorare il compagno di banco.

# «L’Italia stramazza a terra e anche Veltroni gira a vuoto», dice Famiglia cristiana al Corriere della Sera (27 agosto).

Chissà che cosa prepara don Sciortino per farsi notare nei prossimi giorni. Si metterà a correre nudo in qualche parco?

# «Mi sento un pò orfano dell’Ulivo», dice Romano Prodi alla Stampa (26 agosto).

E di Nizza e Savoia, non diciamo niente?

# «Nessuno mi ha chiamato, né dal partito, né dal giornale», dice Furio Colombo alla Stampa (26 agosto).
Se non gli fosse rimasto il coiffeur di Capalbio, Furio non saprebbe proprio più con chi parlare.

# «Abbiamo riempito l’Unità di valori», dice Antonio Padellaro al Corriere della Sera (23 agosto).

E si è tanto esagerato che Concita avrà un po’ una funzione da spurgo.

# «Grillo arriva a conclusioni spesso rudimentali, ma non di rado lo condivido», dice Michele Santoro alla Stampa (29 agosto).
Perché quel “ma”?

# «Rispetto a lui io ho un taglio più solidaristico e meno poliziesco», dice Rosa Russo Jervolino al Corriere della Sera (25 agosto).

Non si troverà mai un rifiuto a Napoli che possa dire di essere stato represso dalla Jervolino.

# «Il pm indipendente, è una conquista che ci invidiano all’estero», dice Augusto Barbera al Corriere della Sera (23 agosto).

Subito dopo la pizza, il Colosseo e le gondole. Alla pari con i maccheroni.

# «Chi detta linee politiche diverse da quelle indicate dai vertici nazionali del partito, parla a titolo personale», dice Cristiano Di Pietro alla Stampa (29 agosto).
Nell’Italia dei valori non si parla a titolo personale, bensì a titolo famigliare.

# «Qui, a Firenze alla Festa nazionale del Pd, il ristorante dei compagni di Sesto Fiorentino ha sempre la stessa batteria con il fondo marchiato a fuoco Pci», dice Alessandra Longo su Repubblica (27 agosto).

Pentole. Il diavolo ha qualche problema con i coperchi. Il Pd con i fondi.

# «Veltroni così porterà gli elettori alla depressione», dice Arturo Parisi alla Stampa (20 agosto).

Giusto dove li aveva trovati.

# «L’aspetto inquietante consiste invece nel degrado dell’opinione pubblica in una miriade di opinioni private», dice Eugenio Scalfari sulla Repubblica (24 agosto).

Come si distingue un’opinione pubblica da una privata? Quella pubblica è sempre in sintonia con Scalfari.

Fonte: Tempi.it

Noblesse Oblige (2)

martedì 2 settembre 2008


Che bravi. E che democratici che sono costoro. Gli asinelli sono allo sbando: leggere qui per credere. Gli americani, per fortuna, sono molto più impermeabili al battage pubblicitario che vuole dipingere Obama come il 'nuovo messia'. Per fortuna.

Ecco sbucare chi non t'aspetti

venerdì 29 agosto 2008


Donna (con una copertina di Vogue alle spalle :-) ).

44 anni.
Madre di 5 figli (straordinario, ultimamente), uno dei quali affetto da Sindrome di Down (questa, poi, è una rarità eccezionale! In America 80 affetti da Sindrome di Down su 100 vengono abortiti)
Antiabortista (appunto).
Contraria alle unioni gay (unpolitically correct!).
Favorevole al diritto di detenere armi da fuoco.

Obama, naturalmente, ha preso la candidatura con MOLTA signorilità. Meno male che si tratta del povero figlio di famiglia povera (che si dimentica il fratello in uno slums! ma tant'è, può succedere..). Hillary Clinton, invece, afferma che si tratta 'di un fatto storico' di cui va fiera e 'di cui si congratula con John McCain'.
Con questa mossa gli 'elefanti' potrebbero fargliela sotto il naso.

Dimenticavo: il suo nome è Sarah Palin.

A questo indirizzo
un'interessante analisi sul senatore Obama...

Aridaje

giovedì 21 agosto 2008

Toh. Vuoi vedere che Famiglia Cristiana è diventato l'organo ufficiale dell'Anm e noi non ce ne siamo accorti?

Anche i giudici, ogni tanto, ci azzeccano

mercoledì 20 agosto 2008


Figlio comunista tolto a madre

Un adolescente catanese è stato tolto alla madre e affidato al padre perché è un militante di Rifondazione comunista. Polemiche per la decisione del Tribunale etneo che, tra le motivazioni del provvedimento, ha sottolineato l'appartenenza politica del ragazzo. Per i giudici e per gli assistenti sociali il 16enne frequenta un gruppo di "estremisti". Protesta la sinistra: "E' una caccia alla streghe".

La madre, racconta "Repubblica", secondo i giudici non saprebbe badare all'educazione del figlio. Il giovanotto in questione frequenta un luogo dove "è diffuso l'uso di sostanze alcoliche e psicotrope", vale a dire dove si beve alcol e si fumano spinelli. Il 16enne, racconta la donna, sotto pressione per la separazione tra i genitori, non andrebbe punito per quella che è una sua passione, la politica.

Nell'ordinanza del Tribunale si rimprovera, di fatto, alla madre di non prendersi abbastanza cura del figlio. Come anche di aver nascosto al marito, a cui sarà affidato anche l'altro fratellino, le frequenti assenze del figlio maggiore a scuola e una serie "di mancati rientri a casa".

Fonte: Tgcom

Beh, se il gruppo fosse stato Forza Nuova, nessuno avrebbe avuto da ridire sull'estremismo. Con lo stesso criterio si è riconosciuto che quelli di Rifondazione sono - di fatto - estremisti. E ledono le norme che tanto dicono di rispettare. La legge è uguale per tutti, il criterio è il medesimo, e per la prima volta viene applicato. O forse - da buoni comunisti - pretendono un trattamento di favore?

...ma va? Vuoi dir che non tutti i palestinesi sono dei 'pacifici resistenti'?

sabato 2 agosto 2008


Palestinesi arrestano e massacrano palestinesi, al solito, ma le 'anime belle' ancora si stupiscono
di
Carlo Panella

Hamas minaccia ora “una nuova Intifada interpalestinese” e continua gli arresti di militanti di al Fatah a Gaza mentre i suoi militanti sono arrestati da al Fatah in Cisgiordania. Tanto che Human Rights Watch, sospende le consuete denunce contro l’esercito israeliano e apre uno spiraglio di verità sui metodi barbari che i palestinesi infliggono a palestinesi. Hamas è accusata di avere effettuato a Gaza “arresti arbitrari di avversari politici, torture di detenuti, di avere soffocato la libertà di espressione e di raduno e avere violato diritti processuali di attivisti di al Fatah”. Identici crimini vengono denunciati in Cisgiordania ad opera del governo di al Fatah a danno dei militanti di Hamas.
Non è una novità, è dal 1936 che stragi e omicidi mirati di palestinesi ad opera di palestinesi, si susseguono (1.600 nel triennio 1936-1939). La novità è che finalmente anche le anime belle si rendono conto che la società palestinese si concede un tasso intollerabile di violenza e abusi. Purtroppo questi umanitari non fanno il passo successivo e non comprendono che non è una reazione all’occupazione israeliana, ma espressione dello jihadismo, della cultura del “proselitismo attraverso la spada”, di tanta parte dell’Islam.


Fonte: Carlo Panella

Ma tu guarda: la rilevanza della notizia sui giornali italiani? Assolutamente nulla. In fin dei conti è fuori moda dire la verità. Invece è ben accetto e osannato chiunque dica che tutti i palestinesi sono delle 'povere vittime oppresse dal regime fascista israeliano'. Tanto per cambiare...

ps: nella foto i pacifisti di Hamas, a braccio teso, in posa - pacifica - di hitleriana memoria...

English style

venerdì 1 agosto 2008


Ma tu guarda, il Times ha qualcosa da dire sulla maleducazione italica. E, come tutti i problemi di oggi del nostro Paese, indovinate un pò: a chi avrà dato la colpa? Andate a scoprirlo qui.
Un commentatore autorevole provvede al rimprovero dei 'giudici' d'oltremanica, rei di guardar la pagliuzza nell'occhio altrui, quando in casa propria ci son problemi molto più importanti. Tipo questo.
Che gran lezione di stile, nevvero? Prendete esempio, italiani ignorantoni! :-)

Rifondare Rifondazione?

sabato 26 luglio 2008


C'è chi non si arrende al'evidenza dei fatti, in Italia: parlo delle compagini politiche che alle ultime elezioni hanno ottenuto una delle più clamorose sconfitte di sempre. In questi giorni si tiene a Chianciano il convegno di Rifondazione. Argomento essenziale: chi decide di assumer la direzione del partito. E' bagarre interna tra Vendola e Ferrero, due linee politiche ben diverse, accomunate da un solo paio di cose:

  1. Non si arrendono all'evidenza di una causa persa, di un'insormontabile frattura tra loro, la loro politica e la gente che fatica ad arrivare a fine mese
  2. Non si rassegnano all'evidenza di un'ideologia che la stessa storia ha mostrato come perdente e violenta, ovunque si sia insediata
  3. Non capiscono l'indifferenza della gente alle loro piccole diatribe, al loro coltivare il loro orticello, nella speranza di riuscire a piazzare, alla fine, qualche piccolo 'delfino' in posizioni di prestigio di un partito che, di fatto, non ha praticamente più alcun sostegno popolare.
Bertinotti, che non è certo stupido, sottolinea con chiarezza la deriva anche 'culturale' (se così possiamo dire) di un partito allo sfascio, allo sfascio perchè poggia su vecchie idee trite e ritrite, su dietrologie che non fanno più presa sulla gente. Come dire: forse è il caso di parire gli occhi sul serio, no?

Travaglio il garantista

giovedì 24 luglio 2008


Leggetevi questa sul Travaglio nazionale, "difensore dei poveri", fulgido esempio di "grande" e soprattutto "onesto" intellettuale, davvero abituato al contraddittorio...

Picche e ripicche (11/07/2008)

lunedì 21 luglio 2008

# «Il premier ha demolito la sua immagine di statista, è tornato uomo di potere», dice Massimo D’Alema sulla Repubblica (4 luglio).
Anche D’Alema nel suo piccolo ha demolito la propria immagine di statista. Tornerà almeno come uomo di potere? Per saperlo, bisogna chiedere a Latorre.

# «Salari greci, imposte norvegesi, welfare sudamericano», dice Massimo Giannini sulla Repubblica (3 luglio).
E secondo le penne di largo Fochetti Tremonti sarebbe riuscito a raggiungere tutti questi obiettivi in pochi giorni?

# «L’intervento del Csm diventerebbe un fuor d’opera se si spingesse su terreni per i quali quell’organismo non avrebbe specifiche funzioni», dice Luciano Violante al Riformista (3 luglio).
Ah! Se si spingesse su quei terreni sarebbe terribile. Meno male che è una tentazione che il Csm non sente proprio.

# «Non siamo ancora al regime», dice Rossana Rossanda alla Repubblica (3 luglio).
Siamo arrivati al punto che una antica estremista deve dare lezioni di saggezza a tutti i vari rimbambiti da antiberlusconismo.

# «Berlusconi il quale procede speditamente verso la sua salvezza giudiziaria senza alcun fondamento costituzionale e con la sola legittimazione del voto popolare», dice Giuseppe Di Lellio sul Manifesto (3 luglio).
C’è una cosa che unisce il Berlusca ai magistrati militanti e una che li divide: li unisce una certa indifferenza per i fondamenti costituzionali, li divide il fatto che il presidente del Consiglio almeno una qualche forma di legittimità ce l’ha.

#“Maroni ai prefetti: ‘Obbedite’”, dice un titolo dell’Unità (30 giugno).
Ma dove andremo a finire? Adesso il ministro degli Interni s’è messo in testa che i prefetti gli ubbidiscano.

# «Noi siamo quel che siamo, non vogliamo influire sull’attività politica», dice Nicola Mancino alla Repubblica (2 luglio).
Non ho capito. Sono quello che sono o non vogliono influire sull’attività politica?

# «Il Corriere della Sera, pulpito liberale, ne dovrebbe essere raccapricciato o almeno impensierito. Accade quel che è già accaduto in passato: da quei soi-disants liberali si odono argomenti che tolgono il fiato», dice Giuseppe D’Avanzo sulla Repubblica (30 giugno).
Che schifo essere soi-disants liberali. Meglio essere apertamente e orgogliosamente tagliagole.

# «Usavano i bambini per rubare nelle case», dice Danilo Castellarin sulla Repubblica (1 luglio).
Ma è possibile iniziare un articolo in modo così razzista? Che fa Famiglia cristiana? Dorme?

# «Il Pd scelga tra noi e Cuffaro», dice Claudio Fava all’Unità (30 giugno).
Ma se scelgono lui, quelli del Pd, assicura che si porterà dietro tutti i suoi 164 elettori di Catania?

# «Un caso tipico in cui il bon ton avrebbe aiutato magistratura e politica», dice Lina Sotis sul Corriere della Sera (1 luglio).
La situazione è già così grave che ci mancano solo le bontonte.

# «Non siamo in guerra con nessuno», dice Luca Ponz al Corriere della Sera (1 luglio).
Niente guerra da parte delle toghe milanesi. Solo atti di terrorismo circoscritto?

Fonte: Tempi.it

Moralizzatrice immorale

sabato 12 luglio 2008


Rendiamo la pariglia alla (ex) Ministra alla Droga Pubblica. Che nonchalance, Livia. Che Savoir fare. Per chi suona la campana, ora?

VERGOGNA!!!

Ecco qui il commento de 'Il Giornale'.

Premonizioni

mercoledì 9 luglio 2008


Ieri che avevo detto? Che il vero trombato dallo starnazzare di piazza Navona sarebbe stato Veltroni. Beh, la notizia è di oggi! Dite che porto fortuna? :D

Gran Consulto dei Trombati

In anteprima una notiziona:

  • Antonio Di Pietro
  • Diliberto
  • Achille Occhetto
  • Fiorella Mannoia (senza apostrofo, eh!)
  • Stalinisti Leninisti (beh, di ciò che ha fatto Lenin, nelle loro scuole, non si parlava).
  • Travaglio
  • Beppe Grillo
  • Sabrina Guzzanti

E' il cast del prossimo film di Nanni Moretti. Speravano che il trombato fosse Silvio, ma hanno loro malgrado dovuto optare per Ualter, la cui candidatura è stata decisa a furor di popolo.

Picche e ripicche (30/06/2008)

domenica 6 luglio 2008

Picche e ripicche
di Lodovico Festa


# «Lasciando credere che questi provvedimenti servano alla sicurezza, al rilancio dell’economia, alla governabilità, alla credibilità delle istituzioni. Invece se li valutiamo uno per uno con la lente di ingrandimento, interessano solo lui», dice Antonio Di Pietro all’Unità (28 giugno).
Diavolo di un Berlusca, toglie la spazzatura dalle strade di Napoli perché cerca casa a Posillipo e pensa anche di utilizzare la legge di Sacconi sulla detassazione sugli straordinari per prendere più soldi come premier.

#«Magari è uno degli ultimi spazi di parola per noi magistrati», dice Antonio Ingroia alla Repubblica (28 giugno).
Poveri magistrati, sono proprio perseguitati in modo sistematico, non solo li arrestano per i più futili motivi (con il consenso di un vile e spietato Csm che non gliene perdona una) ma arrivano fino al punto di intercettarli e di passare ai giornali poi qualsiasi frase detta in questo o quel cazzeggio, per linciarli pubblicamente.

# «Non capisco di cosa dovrebbero discutere le nostre fondazioni da tutti scambiate per correnti. Di massimi sistemi ne sono rimasti pochi», dice Vincenzo Cerami sull’Unità (25 giungo).
Di massimi sistemi ne sono rimasti pochi. E di Massimi?

#«Bonino, in Italia, è stata una rarissima femmina capace di fare della propria narrativa personale un punto di forza», dice Maria Laura Rodotà sul Corriere della Sera (26 giugno).
Personalmente non mi dispiacciono quei due punti di forza della narrativa personale di Mara Carfagna.

# «In tutti questi mesi il Partito democratico ha cercato di portare l’Italia fuori dal passato», dice Walter Veltroni a Europa (21 giugno).
Poi si è stufato. Adesso sono tornati al ’97. La prossima settimana contano di arrivare al ’95. Per dicembre si arriva all’88.

# «Si sa che in questi casi, lo scivolamento progressivo verso l’omologazione e il conformismo tipici del pensiero unico dipende solo in piccola parte dall’abilità demagogica di chi governa», dice Massimo Riva sull’Espresso (27 giugno).
Ci sono poi – e ci pare che li conosca bene anche Riva – quei pensieri unici che dipendono molto dalla demagogia di chi amministra. Dal Lingotto alla Cir.

# «Noi dell’Unità non abbiamo mai creduto alla favola del Cavaliere diventato buono semplicemente perché conserviamo una certa memoria del passato», dice Antonio Padellaro sull’Unità (26 giugno).
Ma che cavolo di memoria del passato ha mai un giornale fondato da un carcerato che diventa organo dei forcaioli?

# «D’altra parte le storie degli uomini si realizzano con i materiali di cui concretamente si dispone», dice Andrea Romano sul Riformista (25 giugno).
Un modo per dire: c’avete Veltroni? Tenetevelo.

# “Standard & Poor’s smentisce Alemanno: ‘Il debito si ferma a 6,9 miliardi’”, dice un titolo dell’Unità (22 giugno).
Alleluia sono 6,9 mica 7, come diceva il fascistone.

# “Canto per i piccoli snobbati dalla tivù”, dice un titolo dell’Avvenire (22 giugno).
È un articolo su Pier Ferdinando Casini? No, su Cristina D’Avena.

# «Si lamentano delle correnti a cui si affannano a iscriversi», dice Peppino Caldarola sul Riformista (21 giugno).
È la vita dei dalemiani: tra correnti e conti correnti.

# «Mi sono sentita trattata come una figurina dell’albo Panini. In quanto donna sono molto delusa», dice Sabina Ratti al Corriere della Sera (25 giugno).
E in quanto figurina?


Fonte: Tempi.it

:D

Piccoli Hitler crescono

lunedì 30 giugno 2008


«Mugabe ha vinto» e sfida il mondo: già pronto a giurare
Il ministro Frattini valuta il richiamo immediato in Italia dell’ambasciatore. Condoleezza Rice preme sugli alleati: «La bozza di risoluzione prevede azioni decise».
Bush annuncia sanzioni più pesanti E l’Onu non va oltre il «rammarico»

Potrebbe prestare giuramento già oggi per un nuovo mandato il presidente dello Zimbabwe Ro­bert Mugabe – dopo il ballottaggio di venerdì, unico candidato dopo il ritiro di Morgan Tsvangirai – , che si appre­sta a conseguire un risultato «a valan­ga ». Fonti governative hanno riferito ieri che lo spoglio delle schede è stato completato e che i primi risultati del voto, da molti definito una «farsa», in­dicano una affermazione netta di Mu­gabe.
A destare dubbi, peraltro, proprio la solerzia dello spoglio: per il primo tur­no ci vollero settimane prima di cono­scere i risultati, che vedevano in testa il partito d’opposizione Movimento per il cambiamento democratico (Mcd). «Il conteggio dei voti indica che nonostante il desiderio dei nostri de­trattori e la propaganda dei nostri ne­mici l’affluenza alle urne è stata mas­siccia e la nostra sarà una vittoria a va­langa », ha detto una delle fonti. Testimoni e osservatori hanno invece parlato di seggi semideserti in molte zone del Paese e di elettori costretti a votare. Diversi leader internazionali sono insorti contro il voto a candida­to unico e hanno chiesto che il caso Zimbabwe venga inserito nell’ordine del giorno del vertice dell’Unione afri­cana (Ua) in programma da domani in Egitto. L’Unione europea ieri è torna­ta a condannare «nella maniera più fer­ma » l’organizzazione del secondo tur­no in Zimbabwe. Secondo il commis­sario europeo allo Sviluppo, Louis Mi­chel, qualunque soluzione della crisi in Zimbabwe dovrà basarsi sui risulta­ti del primo turno delle elezioni presi­denziali. Per il premier britannico Gor­don Brown «il tentativo di tenere le e­lezioni è stato un nuovo punto basso. Il mondo si sta unendo nel respingere il regime illegittimo di Robert Muga­be ». «Non accettiamo interferenze», ha replicato il ministro della Giustizia del­lo Zimbabwe, Patrick Chinamasa. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu non ha raggiunto l’altra notte una posizio­ne unitaria su un testo che dichiaras­se illegittimo il risultato dello scruti­nio. I 15 membri, « profondamente rammaricati», hanno ritenuto che mancassero «le condizioni per un vo­to libero e corretto» e hanno condan­nato il fatto che le elezioni «abbiano a­vuto luogo in tali circostanze», ha det­to l’ambasciatore Usa Zalmay Khalil­zad. Ma l’ambasciatore sudafricano, Dumisani Kumalo, ha impedito l’ado­zione di un progetto di dichiarazione molto più incisivo, che contenesse l’af­fermazione che il risultato delle ele­zioni del 27 giugno non può avere «né credibilità né legittimità» e che i risul­tati di quelle tenutesi il 29 marzo a­vrebbero quindi dovuto « essere ri­spettati ». L’Mdc ha nettamente criti­cato la posizione del Sudafrica all’O­nu. Il segretario di Stato americano Con­doleezza Rice ha comunque annun­ciato che Washington intende presen­tare la prossima settimana al Consiglio di Sicurezza una bozza di risoluzione che preveda «azioni decise» contro il governo dello Zimbabwe. «Vedremo come reagiranno Russia e Cina, ma è difficile immaginare che qualcuno possa rifiutarsi di agire», ha aggiunto la Rice. Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini «sta pensando molto seria­mente a richiamare per consultazioni l’ambasciatore italiano in Zimbabwe», ha riferito il portavoce della Farnesi­na, Pasquale Ferrara. Per il presidente Usa George W. Bush le elezioni in Zim­babwe sono state un «pretesto per gua­dagnare tempo» e in nessun modo li­bere nè eque. Bush ha detto di aver or­dinato al dipartimento del Tesoro di individuare sanzioni contro il governo «illegittimo» di Harare. Tra queste un embargo delle armi contro lo Zim­babwe. Intanto si è saputo che un candidato dell’Mdc ha nettamente sconfitto il mi­nistro dell’Informazione del regime in una delle tre elezioni parlamentari suppletive che si sono tenute venerdì. I risultati definitivi delle presidenziali sono previsti già per oggi.

Fonte: Avvenire

A quando la chiusura dell'Onu, vista l'incapacità di prendere alcuna decisione anche in casi di palesi violazioni come questa? Eppure le immagini delle intimidazioni e degli omicidi seguenti al risultato elettorale del primo turno le abbiamo viste tutti... Se poi gli interessi politici vanno oltre l'interesse per il rispetto della legalità internazionale.. beh, vuol dire che l'Onu ha esaurito il suo scopo. Per l'appunto.

Diritti umani anche per Zapatero

domenica 29 giugno 2008


Zapatero e le scimmie

Questa poi! In verità è una vecchia proposta, il Parlamento spagnolo ne discuteva da due anni (si vede che non hanno altro da fare), ma oggi è diventata ufficiale. Il Congresso ha approvato il progetto "Gran Simios" che, in pratica, riconosce ad alcune specie di primati (gorilla, oranghi, scimpanzè) i "diritti umani". Ora però i primati, appena la notizia si è sparsa per la giungla, si sono detti molto preoccupati ed hanno ragione. Supponiamo che un gruppo di primati si avvicini ai recinti di Ceuta, l'enclave spagnola nel nord Marocco, e distrattamente cerchi di superare il recinto. Che fa Zapatero? Gli riconosce gli stessi diritti umani, li considera uguali alle persone e, quindi, gli fa sparare addosso dalle guardie di frontiera? Beh, è un bel problema. No?
Certo che questi socialisti sono una sagoma; una ne fanno e cento ne pensano. Tutto nasce, ovviamente, dalla solita storia dell'evoluzione e dal fatto che l'uomo discende dalla scimmia. Insomma, l'evoluzione della specie. Sì, quella cosa lì. E siccome le scimmie sono nostre antenate, gli dobbiamo almeno un minimo di rispetto. Tutto vero, a patto che si accetti questa discendenza. Però c'è un problema, ci sono almeno due fatti che potrebbero mettere in crisi questa teoria dell'evoluzione; l'echidna e i socialisti. Mi spiego.
L'echidna è un curioso animaletto che vive tranquillo e beato in Australia e viene considerato l'anello di congiunzione fra i rettili ed i mammiferi. Niente di strano, se non per il fatto che, secondo gli zoologi, questo animale dovrebbe essere scomparso da milioni di anni. Ma l'echidna non lo sa e continua imperterrito a fare l'anello di congiunzione e campare alla faccia degli zoologi. Il secondo aspetto riguarda i socialisti. Se è vero che le specie, col passare del tempo, si sono evolute è vero che anche l'uomo deve essersi evoluto, soprattutto a livello intellettuale, passando da un uso primitivo e limitato del cervello ad un uso più complesso che lo renda sempre più intelligente. Ma allora come si spiega l'esistenza dei socialisti? Ecco, socialisti ed echidna, sono due misteri irrisolti dell'evoluzione.

Sandro Oggiano, Cagliari


Fonte: IlFoglio

:D

Dagli amici li riconoscerete

venerdì 27 giugno 2008

Veltroni in trincea mal consigliato dai soliti Economìst, Scalfari&Co. Ma c’è già una possibilità di ripresa…
di Renato Farina

Il dialogo non c’è più. Lo ha ufficialmente dichiarato chiuso Walter Veltroni. Il problema è: quando finisce il dialogo cosa c’è? Escluderei il silenzio. Il contrario del dialogo infatti non è lo stare zitti, ma la guerra verbale. Letteralmente. Il contrario del dialogo è – ripeto – la guerra civile verbale, che ci tiriamo dietro da troppi anni per non esserne stufi.
Chi ha chiesto di sbarrare le porte ad un confronto sereno, magari duro, ma dentro un contesto di ascolto reciproco? E perché Veltroni ha obbedito a questo invito?

1. Il primo a domandare a Veltroni di mutare il suo atteggiamento è stato l’Economist. Avevamo denunciato proprio qui, su ilsussidiario.net, il significato dell’interferenza di una potenza estera quale è a tutti gli effetti il settimanale britannico. Rappresenta infatti i poteri finanziari sovrannazionali, i quali sin dal 1992 hanno cercato di destabilizzare il nostro Paese appoggiando il sisma di Mani pulite e la demolizione dei partiti non comunisti e di larga base popolare.
2. Dopo l’Economist è arrivato l’invito perentorio di Repubblica, per la penna di Eugenio Scalfari. Il quale ha ordinato a Veltroni di mettersi di traverso a Berlusconi, rinunciando a qualsiasi incontro per riformare insieme lo Stato. Il tutto e come sempre per ragioni di “morale”.
3. Infine, decisivo, è stato l’intervento della magistratura nel suo organo sindacale (Associazione nazionale magistrati) e in quello di autogoverno (Consiglio superiore della magistratura). Dichiarando una guerra preventiva, hanno infranto le regole della Costituzione pur di dichiarare incostituzionale quel che il Parlamento non aveva ancora discusso.

Veltroni ha accettato i diktat perché non ha la forza culturale e politica per resistere a questi poteri finanziari e culturali che non vogliono porre termine agli anni del disfacimento programmato del nostro Paese.
Tutto male dunque? Gelata per sempre la primavera di dialogo che si era respirata il 13 maggio, giorno della discussione sulla fiducia? I tempi sono amari. Le pressioni perché riprendano le logiche della giungla sono formidabili e purtroppo dall’alto stanno coinvolgendo anche la cosiddetta base. Si ripropongono girotondi, tornano le urla di chi ritiene demoniaca la figura di Berlusconi. Rispetto al passato però la gente-gente non sembra sensibile ai discorsi di sempre. Vuole vedere all’opera questo governo, che sta riscuotendo consensi imprevedibili anche solo tre mesi fa.
Non è solo questo che incoraggia. Esiste una realtà politico-parlamentare che procede, ed anzi si incrementa, incurante dei moniti delle piazze finanziarie e giudiziarie. È l’intergruppo per la sussidiarietà. Non è semplicemente una struttura dove confluiscono esponenti di schieramenti diversi e avversari: è il luogo dove si sperimenta un metodo di confronto sulle proposte, si converge nella pratica; e il dialogo non è semplicemente un modo gentile per discorrere, ma è un rafforzarsi reciproco nell’ideale di far crescere la società. Non è un funghetto nel boschetto, come nelle favole. È un nocciolo duro di persone che sono legate a realtà vive e che si riconoscono l’un l’altro come espressione di qualcosa che è più grande della politica, ma chiede alla politica la possibilità di esistere e di crescere nella libertà. Non sto qui esprimendo un pensiero edificante: da parlamentare partecipo di questo gruppo, ed è così, e ne sono stupito. C’è un’amicizia più forte dei niet. Finché c’è questa esperienza, c’è un po’ di luce in questa politica dove vogliono comandare poteri assai poco democratici.

Fonte: Il Sussidiario

Nessuno lo può giudicare

mercoledì 25 giugno 2008


Nessuno lo può giudicare

Il gruppetto di poche centinaia di contestatori che si è radunato davanti al “mitico” palazzo di giustizia di Milano inalberava, tra gli altri, un cartello che voleva essere sarcastico: “Nessuno mi può giudicare”. Il titolo di una vecchia canzone di Caterina Caselli veniva utilizzato per deplorare la volontà di Silvio Berlusconi di “sottrarsi” ai suoi giudici. Berlusconi in realtà si è già sottoposto per cinque volte al giudizio che conta, quello del popolo sovrano (come dice la Costituzione, sempre che questo concetto non venga considerato un’espressione di deprecabile populismo). Ha anche subito una ventina di procedimenti giudiziari, tutti finiti in una bolla di sapone, che persino il Financial Times ha giudicato come un tentativo di intromissione di un ordine giudiziario dotato di poteri strabordanti nella dialettica democratica. Berlusconi ne ha abbastanza, e con lui la gran parte degli italiani, che dopo tre lustri di ingerenze arroganti della magistratura vorrebbero che questa rientrasse nei ranghi. Naturalmente non è tutta la magistratura ad aver accarezzato il disegno di una rivoluzione giustizialista, ma la costante solidarietà espressa anche ai comportamenti più discutibili ha gettato un’ombra su tutta la corporazione.
Ci vorranno anni, forse decenni di serio lavoro perché la magistratura italiana recuperi la fiducia che ha sperperato in dissennate campagne politiche distruttive e in oblique manovre di potere. Autogarantendosi l’impunità, cercando di accreditare il suo Consiglio superiore come organo di censura preventiva del legislatore, costruendo processi a orologeria e diffondendo segreti istruttori per alimentare la gogna mediatica, senza beninteso mai cercare i responsabili di questi reati, ha inferto un danno incalcolabile alla stabilità delle istituzioni e, in primo luogo, alla giustizia. Il potere incontrollato e incontrollabile dei giudici, ostaggi delle procure politicizzate, non è giustizia, è il suo esatto contrario. Il presidente del Consiglio dei ministri eletto per tre volte dagli italiani non può e non deve essere giudicato da loro e dal loro corteo vociante di giustizialisti dalla coda di paglia. Può darsi che dalla loro abbiano commi e codicilli, interpretazioni capziose delle leggi e l’omertà della categoria giudiziaria. Hanno perso però, e per loro colpa, l’autorità civile per giudicare “in nome del popolo italiano” chi da quel popolo, cosciente delle accuse che gli venivano rivolte, è stato eletto democraticamente.

Fonte: IlFoglio

In gran parte condivisibile l'articolo, anche se la simpatia del soggetto in questione potrebbe non essere tanta. Il dato di fatto di una giustizia esasperatamente politica è però assolutamente incontestabile, così come è vero che sin dal secondo dopoguerra i vari partiti hanno fatto la lotta per piazzare meglio possibile propri galoppini nei posti più 'in' della magistratura. Con il risultato che vediamo oggi: processi politici inutili (e costosi) e poi si trascura questo.

Riforme varie

martedì 24 giugno 2008

Si lavora e si fatica...

sabato 21 giugno 2008

In carica da soli 33 giorni, il governo continua a mantenere gli impegni presi con l'elettorato, con una progressione impressionante. Dopo i decreti legge per affrontare l'emergenza rifiuti e per contrastare l'immigrazione clandestina, i provvedimenti per colpire la grande e piccola criminalità, l'abolizione totale dell'ici, la detassazione degli straordinari e dei premi di produzione, la rinegoziazione dei mutui è ora il momento della manovra economica.
Tremonti ha tenuto fede all'impegno di anticipare la manovra economica a prima dell'estate. Senza togliere un euro dalle tasche dei cittadini, si comincia ad aiutare chi ha più bisogno: carta prepagata per la spesa alimentare e le bollette per gli anziani con la pensione minima; fondo-casa per le giovani coppie; abolizione del divieto di cumulo tra pensione e lavoro per chi vuol proseguire l'attività; tagli ai costi del carburante; libri di testo e ricette mediche on line; liberalizzazione dei servizi pubblici locali per ridurre le bollette.

Si tratta di alcune delle misure a maggiore impatto popolare. E ci sono anche misure per lo sviluppo, come la conferma del ritorno al nucleare e la ripresa delle grandi opere, ad iniziare dalla Tav. Spariscono gli adempimenti burocratici introdotti da Prodi e Visco, come il grande fratello sui conti correnti, l'obbligo delle dimissioni su internet, la responsabilità, se fai dei lavori, di accertare che la ditta che hai chiamato sia in regola con fisco e contributi.

Nel suo saggio "La paura e la speranza" Tremonti ha elencato i pericoli che correva l'Europa di fronte agli eccessi della globalizzazione, alla crisi dei mercati e alle speculazioni della finanza mondiale di come questi rischiassero di scaricarsi sui ceti più deboli, sui poveri, sugli anziani, sulle famiglie e sui giovani. La manovra economica presentata mercoledì dà una prima risposta, anche con misure coraggiose come la cosiddetta "Robin Hood Tax", che colpisce i gua dagni eccessivi "di congiuntura" di petrolieri, banche e assicurazioni, per recuperare denaro da destinare a chi ha più bisogno.


E la sinistra? Zitta zitta, prepara la sua manifestazione a settembre "per il rischio democratico," mentre che ha davvero interesse a lavorare deve tappare i buchi lasciati da loro, che di lavorare sul serio proprio non avevano intenzione... Che dire, notate un piccolo riferimento al Buco di Roma, profondo quasi come la Fossa delle Marianne? Un altro (celebre) esempio di incapacità al governo, al quale il popolo italiano a voluto porre fine quanto prima... Per fortuna!

A proposito: stamane bellissima trasmissione politica, su RaiUno. Due gionalisti, de 'Il Tempo' e ' Il Giorno' (mi pare); uno dei due che afferma che "i provvedimenti in materia 'sociale' del governo - in particolare la Robin Tax - sono più di sinistra che di destra". Contenti loro, si tengano la paternità ideale dei provvedimenti, che in fin dei conti sono bravissimi a far chiacchiere...

Picche e Ripicche (18.06.2008)

venerdì 20 giugno 2008

Picche e Ripicche
di Lodovico Festa

# «A quando i sacchetti di sabbia lungo le strade delle nostre città?», dice Anna Finocchiaro alla Repubblica (15 giugno).
Una che sta in un partito insieme a Bassolino dovrebbe evitare di parlare di qualsiasi tipo di sacchetto lasciato lungo le strade.

# «Non sarà fascismo, ma certamente c’è un allarmante “incipit” verso una dittatura che si fa strada in tutti i sentori sensibili della vita democratica», dice Eugenio Scalfari sulla Repubblica (15 giugno).
Bè, la serie di diritti che si stanno conculcando è veramente vasta: niente più libera monnezza per le strade, gravi limiti ai linciaggi via intercettazioni, contrasto alla liceità di borseggio e altro ancora. C’è proprio un’arietta di “incipit” o forse l’incipit di “un’arietta”.


# «Non è accettabile che si preveda che, salvo casi eccezionali, le intercettazioni debbano di regola cessare dopo tre mesi», dice Carlo Federico Grosso sulla Stampa (14 giugno).
Obiettivamente grazie alle intercettazioni abbiamo appreso tante notizie sugli amori di questo con quella che per valutarne gli sviluppi le intercettazioni dovrebbero durare almeno nove mesi.

# «La gente non ha capito a che cosa servivamo», dice Paolo Ferrero al Riformista (14 giugno).
Questa è l’ipotesi ottimista. Quella pessimista è che l’ha capito benissimo.

# «E comunque il fatto che la sinistra abbia potuto governare per poco più di un anno e mezzo è un dato importante di cui bisogna tenere conto», dice Sabrina Ferilli alla Stampa (12 giugno).
Comunque, anche se non ne tenessero conto i lettori della Stampa invitati a farlo da Sabrillona, ne hanno tenuto abbondantemente conto gli elettori.

# «Per la prima volta io disprezzo una persona», dice Ciriaco De Mita al Riformista riferendosi al segretario del Pd (12 giugno).
Non è che l’abbia preso proprio bene il fatto che Veltroni l’abbia escluso dalle liste.

#Hume? Lui avrebbe staccato la spina a Welby”, dice un titolo di Liberazione (12 giugno).
E Kant non avrebbe sicuramente invaso l’Iraq? Qualche incertezza, invece, sui comportamenti di Spinoza rispetto ai problemi della Striscia di Gaza?

# «È il candidato dell’epoca di YouTube», dice Alessandra Carrera su Europa riferendosi a Barack Obama (12 giugno).
Se è per questo anche Veltroni era abbastanza un candidato del tube.

# «Mi sento pessimista sul futuro del Pd perché sinora nessuno ha riconosciuto la sconfitta», dice Arturo Parisi alla Stampa (11 giugno).
Singolari parole da parte del braccio destro di quel bel tomo di Prodi che ancora va in giro dicendo di avere governato benissimo.

# «Spesso intercettando un primo telefono che non dà frutti all’inchiesta, si scoprono nuove utenze che possono essere interessanti», dice Bruno Tinti all’Unità (11 giugno).
Non è che i magistrati siano invasivi, è che sono golosi e le intercettazioni sono come le ciliegie. Una tira l’altra.

# «Ho ottenuto anche l’uscita dell’Italia dalla Nato», dice Marco Rizzo al Riformista (11 giugno).
Ormai i paleocomunisti sono come quelli che nel ’68 dichiaravano guerra all’America con il voto dell’aula 201.

# «Abbiamo impiegato quasi un ventennio a riconoscere opportunità e rischi dei nuovi scenari», dice Walter Veltroni sull’Unità (10 giugno).
Ecco quello che si chiama un politico sveglio e veloce.


Fonte: Tempi.it

Fate come me: compratevi una Ford!

Fiat, scuse alla Cina per lo spot Delta
Tibet ancora pietra dello scandalo, e questa volta la politica non c'entra niente. Scuse al governo di Pechino per la pubblicità della nuova Lancia Delta che ha per testimonial Richarde Gere, l'attore noto per essere da tempo grande sostenitore - anche in termini economici, attraverso la Gere Foundation , alla quale ha deciso di devolvere il compenso della sua partecipazione alla campagna pubblicitaria - della causa tibetana. In una nota del Lingotto si legge che al Gruppo Fiat «è recentemente giunta notizia che la pubblicità della nuova Lancia Delta potrebbe turbare la sensibilità del popolo cinese. Queste scelte non hanno mai avuto nulla a che fare con ragioni politiche o con l'intenzione della Fiat di interferire con il sistema politico interno di nessun Paese, tanto meno nei confronti della Repubblica Popolare Cinese».

«Nel caso in cui la pubblicità della Lancia Delta possa aver dato origine a fraintendimenti circa una consolidata posizione di neutralità dell'azienda - si legge ancora nella nota - il Gruppo Fiat intende presentare le proprie scuse al Governo della Repubblica Popolare Cinese e al popolo cinese». Nello spot si vede l'attore che, dopo aver percorso una lunga strada da Hollywood al Tibet, è al fianco di un bambino vestito da monaco buddista e appare lo slogan: la forza della differenza.

La casa automobilistica torinese guidata da Sergio Marchionne ribadisce che «la scelta di Richard Gere come testimonial della Lancia Delta è stata dettata dalla sua lunga ed illustre carriera artistica. Allo stesso modo la scelta del tema da parte dello stesso Gere riflette il nostro impegno a sostegno della libertà di espressione artistica». Scelta che comunque «non va intesa come un avallo del Gruppo Fiat alle opinioni sociali e politiche dell'artista». Fiat riafferma pertanto «la propria neutralità in merito a qualsiasi questione politica, sia essa nazionale o internazionale».

Fonte: ilSole24Ore

Perdinci, stiamo attenti a non offendere in nessun caso il mostro cinese, non sia mai! Come diceva Churchill: "La persona conciliante è uno che nutre il coccodrillo sperando che questo lo mangi per ultimo". A questo punto, tanto vale risparmiare l'agonia alla Fiat, non trovate?

Falce e martello, il criterio è sempre quello

giovedì 19 giugno 2008


Falce e martello come la svastica
di Giordano Bruno Guerri
La decisione del Parlamento lituano di mettere al bando falce, martello e stella rossa non è né «triste» né «offensiva», come ha dichiarato Liudmila Alexeieva, responsabile moscovita del gruppo di Helsinki per i diritti umani. Il piccolo Paese baltico, annesso militarmente all’Unione Sovietica nel 1940, per quasi mezzo secolo è stato sottoposto al dominio russo e comunista senza essere né russo né comunista. La classe dirigente venne estromessa, perseguitata e sostituita con funzionari di partito; gli oppositori subirono tutta la sequenza dell’oppressione staliniana, incarcerati, spediti nei gulag, uccisi. Il popolo subì tutti i danni della collettivizzazione forzata, della burocrazia centralizzata, della totale mancanza di libertà. «Eravamo uno Stato totalitario, autoritario, ma non fascista», ha aggiunto la Alexeieva, seguita da parte della stampa russa: trascurando di ricordare che il comunismo ha provocato, nel mondo, centinaia di milioni di morti. A partire da quello sovietico. Certo, i lituani - come gli altri popoli che ebbero uguale sorte - non hanno mai dimenticato i tre feroci anni di occupazione nazista (1941-44), che fra l’altro portarono allo sterminio di duecentomila ebrei locali. Ma è significativo che oggi mettano sullo stesso piano svastica, falce e martello: anche se pure da noi c’è chi può fare fatica a capirlo. In Italia abbiamo avuto il più potente Partito comunista dell’Occidente, che però non è mai riuscito ad arrivare al potere, o alla dittatura, grazie non tanto alle virtù della nostra democrazia quanto al patto di Yalta, che nel 1945 ci destinò al mondo libero. Da noi, dunque, la falce e il martello non sono stati percepiti come simbolo di distruzione e di violenza tanto più cieca quanto lucida, come quella nazista. In Italia la memoria storica e collettiva di chi ancora crede nel marxismo, o se ne è distaccato da poco, è legata alle giuste lotte e ai sogni ottocenteschi di riscatto delle classi più povere; poi, falliti i tentativi insurrezionali del primo dopoguerra, il partito di Gramsci fu quello stroncato con la forza dal fascismo, e che contro il fascismo risorse vent’anni dopo. Oggi sappiamo che la Resistenza commise, oltre che subire, ferocie inaccettabili. E che moltissimi - troppi - partigiani aspiravano a fare dell’Italia un paradiso dell’Internazionale. I più non sapevano e non potevano sapere cosa ciò avrebbe significato: una dittatura che avrebbe portato miseria e isolamento, come negli altri Paesi satelliti dell’Unione Sovietica. Avendo avuto la fortuna - per loro e per tutti - di non arrivare al potere, i comunisti nostrani hanno potuto continuare a considerarsi i salvifici paladini degli umili, emendati dalle responsabilità storiche del comunismo sovietico per via di “strappi” sempre troppo parziali e tardivi: dopo Budapest nel 1956, dopo Praga nel 1968. Per tutti questi motivi è impensabile che da noi si segua l’esempio lituano, mettendo sullo stesso piano la croce uncinata e la falce con il martello. Non si dica, però, che i lituani hanno torto.

Fonte: Il Giornale.it

Eppure continuerò a coltivare il sogno, la speranza, che in questo paese ipocrita e falso si possa presto giungere alla chiarezza di cosa è stato il comunismo per la terra tutta: la più grande mattanza della storia recente. Non ci sono vicende 'di casa nostra' che possono far cambiare idea su quella che è stata la più grande dittatura del secolo. E che continua, tutt'oggi, a privar della libertà milioni di persone, in nome di un'ideologia violenta e liberticida. Altro che compagni.

Al Gore NON E' un profeta

lunedì 16 giugno 2008

Gli orsi polari annegheranno tutti. Lo dice Al Gore, ma noi non ci crediamo
L’ambientalista scettico Bjorn Lomborg spiega perché il global warming è un problema serio, talmente serio che deve essere tolto dalle mani dei catastrofisti verdi che campano sulle nostre paure. Se investissimo altrove un sessantesimo di quanto vuole Kyoto, potremmo evitare 85 milioni di morti
di Angelo Crespi

Gli orsi polari sono il primo problema. Se la terra continuerà a riscaldarsi, come avvertono gli ecologisti più duri, i ghiacci si scioglieranno e questa specie di plantigradi non ce la farà a sopravvivere. Al Gore che del “verdismo” è un vero professionista, ne è convinto e cita le stime del WWF: gli orsi annegheranno in massa, oppure smetteranno di riprodursi entro il 2012, cioè tra soli quattro anni. Detta così, sembra persino inutile farsene un cruccio, e parimenti inutile pensare a costosissimi interventi per invertire la rotta del clima.
D’altronde, quella del riscaldamento globale e dell’effetto serra è una litania ormai così ben collaudata da lasciare interdetti i pochi resistenti. Al Gore, sedicente ambasciatore mondiale del protocollo di Kyoto, vince il Nobel per la Pace, Bjorn Lomborg, professore di statistica danese e autore del comunque fortunato "L’ambientalista scettico", è invece guardato con sospetto, al massimo con poco cortese sussiego.
Eppure Lomborg, da micranioso matematico, sviscera dati e cifre che sembrerebbero contrastare in modo definitivo il catastrofismo di cui l’Occidente è vittima. Per esempio nell’ultimo studio (Stiamo freschi, Mondadori, pp.232, €18,00) con la solita verve e pacatezza, ci mostra come l’allarmismo in tema di warming è davvero fuori luogo. E se anche “warming” ci sarà come sembra, non è con il protocollo di Kyoto che potremo ovviare.

Seguiamo il percorso di Lomborg. Innanzitutto sfatiamo la leggenda degli orsi bianchi. Dagli anni Sessanta in poi, la popolazione complessiva di questi animali è aumentata da 5.000 esemplari a 25.000, soprattutto in ragione di una maggior regolamentazione della caccia. I mutamenti climatici per ora non sono stati influenti e tanto meno i gas serra.

Adesso analizziamo il “riscaldamento globale” che suscita preoccupazioni per via del cosiddetto “effetto serra” che di per sé è un fatto naturale e positivo, visto che in mancanza il nostro pianeta sarebbe mediamente più freddo di 33 gradi centigradi e di fatto molto meno ospitale.
Dalla fase industriale in poi, gli uomini hanno contribuito, bruciando combustibili fossili, ad aumentare il contenuto totale di biossido di carbonio (CO2) presente nell’atmosfera e dunque a facilitare il riscaldamento del globo. Se le politiche industriali ed energetiche non cambieranno, entro il 2100 la temperatura media si alzerà di 2,6° C. La qual cosa è poco significativa: nonostante le fosche previsioni dei registi di Hollywood, ciò non produrrà ondate di caldo a dismisura e immani desertificazioni, più semplicemente serate invernali meno fredde.

Più in generale, aumenterà il caldo dove è già caldo, ma diminuirà il freddo dove è ora freddo. Così, se davvero moriranno più persone per il caldo, meno ne moriranno per il freddo e secondo le statistiche al giorno d’oggi sono infinitamente molti di più i morti freddati che quelli accaldati anche se quest’ultimi fanno maggior rumore (tanto per dire, in Inghilterra 2.000 persone l’anno muoiono per il caldo, circa 25.000 per il freddo).
Inoltre, è bene ricordarlo, durante lo scorso millennio le temperature sono aumentate, diminuite, poi di nuovo aumentate per cause naturali. Abbiamo avuto un “periodo caldo medioevale” durante il quale i vichinghi conquistarono terre altrimenti insopitali come la Groenlandia (“terra verde”) e il Vinland, l’attuale Terranova (“terra delle vigne”). Poi a metà dello scorso millennio ci fu la cosiddetta “piccola era glaciale” grazie alla quale, tramandano le cronache, gli eschimesi approdavano con i loro kayak in Scozia.
E anche negli ultimi decenni le cose, almeno dal punto di vista mediatico, non sono andate meglio, basti compulsare gli ultimi cinquanta anni di pubblicistica in cui si sono alternate minacciose profezie sul riscaldamento e sul raffreddamento con le più autorevoli testate del mondo, dal New York Times al Science Digest, a rincorrersi sbagliando.

Arriviamo però al terzo punto messo in luce da Lomborg, chiedendoci se le attuali politiche sancite a Kyoto nel 1997 sono davvero efficaci per ridurre i gas serra e contestualmente limitare il surriscaldamento.
Anche se tutti i Paesi industrializzati lo avessero ratificato (Usa e Australia non lo hanno fatto) e tutti avessero attuato le direttive (cosa che molti faticheranno a fare) e vi si attenessero per tutto il XXI secolo (cosa ancora più difficile), i cambiamenti sarebbero comunque lievi: «nel 2050 la temperatura si ridurrebbe di un impercettibile 0,5° C e nel 2100 sarebbe più bassa soltanto di uno 0,18° C. Ciò significa che l’atteso aumento di temperatura sarebbe rimandato di 5 anni, dal 2100 al 2105».
E tutto questo sforzo pressoché inutile, costerebbe “appena” 180 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2008, circa lo 0,5 del Pil mondiale. Dal che si deduce che il costo per ridurre le emissioni è quasi improponibile e comunque svantaggerebbe troppo i Paesi oggi leader nel mondo, ed è altresì velleitario credere che la civiltà possa fermarsi assumendo comportamenti preindustriali.
Detto per inciso, se davvero pensassimo di abbassare le temperature in una megalopoli come Los Angeles sottoposta a fenomeni di warming anche per problemi diversi dall’effetto serra, basterebbe dipingere l’asfalto delle strade di bianco, i palazzi e i tetti con colori chiari, piantare 11 milioni di alberi, e il costo dell’operazione una tantum sarebbe appena di 1 miliardo di dollari, ma produrrebbe benefici annui per circa 170 milioni di dollari e riduzione dello smog per circa 360 milioni. Le temperature poi si abbasserebbero di oltre 3° C.

Ma questo è ancora poco. Lomborg giustamente sottolinea come il problema del riscaldamento globale sia solo uno dei tanti sul tappeto.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, i cambiamenti climatici uccidono attualmente ogni anno circa 150.000 persone nei Paesi in via di sviluppo.
Vale però la pena ricordare che almeno 4 milioni sono i morti per denutrizione, 3 milioni per l’Aids, 2,5 milioni per l’inquinamento negli ambienti interni o esterni, 2 milioni per carenze nutrizionali, e quasi 2 milioni per mancanza di acqua potabile.
Davanti a queste cifre, è ovvio che le priorità cambiano. L’importante è valutare, come ha fatto un gruppo di studio con alcuni premi Nobel, il vantaggio reale che si trae per ogni dollaro speso.
In una tabella comparativa dell’efficienza economica dei vari investimenti possibili (Cfr Lomborg p. 43) si nota come alcune soluzioni a problemi mondiali siano ottime opportunità (per esempio per la “denutrizione” l’apporto di micronutrienti), alcune altre siano buone opportunità (sempre per la “denutrizione” lo sviluppo di nuove tecniche agricole), altre ancora siamo mediocri opportunità (sempre per la “denutrizione” il miglioramenteo dell’alimentazione di neonati e bambini), e infine alcune siano cattive opportunità (per il “clima”, appunto il protocollo di Kyoto).

Ovviamente con questo non si vuol dire che non dobbiamo fare nulla per i cambiamenti climatici, ma solo che bisogna muoversi in modo più intelligente, investendo risorse in strumenti che davvero portino benefici concreti.
Quella del “riscaldamento”, grazie agli ambientalisti alla Al Gore, è diventata una vera ossessione che rischia di farci dimenticare il resto e di misurare le politiche sociali solo in ragione del CO2. Per esempio, siamo preoccupati per i danni provocati dagli uragani negli Stati Uniti forse causati dal mutamento climatico, eppure non vengono migliorati i regolamenti edilizi.
Applicando Kyoto possiamo evitare circa 140.000 morti per malaria nel corso di un secolo, ma con un sessantesimo dell’investimento direttamente sulla malaria potremmo evitare 85 milioni di morti.
Per ogni persona salvata dalla fame grazie a Kyoto ne potremmo salvare 5.000 tramite alcune semplici politiche agricole.

In conclusione, saggiamente Lomborg propone alcuni rimedi. In primis, la possibilità che ogni nazione più che investire tout court sulla diminuzione delle emissioni dannose, spenda almeno lo 0,05% del Pil nella ricerca e messa a punto di tecnologie a zero emissione di biossido di carbonio. Il costo sarebbe relativamente basso, ma permetterebbe di massimizzare gli sforzi e renderli adeguati economicamente e politicamente a ciascun Paese.

Se invece continuassimo sulla strada segnata dal protocollo di Kyoto, rischieremmo di impoverire eccessivamente le future generazioni e a quel punto il riscaldamento, gioco forza, non sarebbe più il primo problema.
La partita non è facile. Già oggi, per fare un esempio, ci vorrebbe poco per diminuire le morti da incidente stradale che sono tra le prime cause di mortalità in Occidente. Eppure non viene fatto nulla.
Nel caso del clima si è scelta la strada peggiore, cioè quella di instillare inutile preoccupazione e paura per il futuro, quasi si cercasse un capro espiatorio. La cosa è già successa nella storia. L’allarmismo ha radici antiche: nell’Europa medievale molte streghe venivano accusate di essere la causa del maltempo, e bruciate. Questo sì, un surriscaldamento nefasto.

Fonte: Il Domenicale

Basta per confermare che Al Gore è un furfante che si è arricchito grazie alle paure della gente o occorrono altre motivazioni?