Parabola politico-calcistica del buongoverno

mercoledì 30 aprile 2008

Del Piero e Inzaghi sarebbero stati fatti fuori dal patto generazionale di Veltroni
di Claudio Cerasa

Pensate che cosa sarebbe successo se fosse arrivato al Milan di Filippo Inzaghi (35 anni, 260 gol in carriera), oppure alla Juventus di Alessandro Del Piero (34 anni e 239 gol), oppure alla Fiorentina di Christian Vieri (35 anni e 251 gol) o anche alla Roma di Francesco Totti (32 anni, 165 gol in A) un leader così carismatico da essere convinto che tra i criteri utili per disegnare la propria formazione ci deve essere anche quello di definire qualitativamente il tuo uomo da schierare in campo valutando le “esperienze più o meno sufficienti. “Quaranticinque anni di Parlamento sono un’esperienza sufficiente”, aveva detto il leader del Partito democratico, a proposito di Ciriaco De Mita, cominciando a impostare la sua squadra elettorale in nome di un presunto “patto generazionale”. Patto? Sì: via i volti troppo esposti, dentro i giovani che seppur inesperti, seppur poco allenati, seppur poco rodati comunque prima o poi si faranno. Prima o poi (Come dire che se Burdisso è una pippa, anche se si perdono le coppe dei campioni, facciamolo giocare, ché prima o poi imparerà). I nomi li sapete. Marianna Madia; Daniela Cardinale; Pina Picerno. Eccetera. Via gli esperti, dentro la nuova stagione. L’avessero fatto a San Siro, l’avessero fatto con “l’esperto” Maldini, l’avessero fatto con il lesso Del Piero, l’avessero fatto con l’incidentato Inzaghi il popolo delle libertà sportivo sarebbe entrato a San Siro con le baionette caricate con i bulloni. Non era Indro Montanelli a dire che le rivoluzioni si vincono non in forza delle loro idee, ma in quanto riescano a confezionare una classe dirigente migliore di quella precedente? E’ vero, il più delle volte politica e calcio non c’entrano nulla; ma oggi per un democrat sportivo che la domenica guarda spaparanzato in canottiera sul divano le triplette del vecchio Inzaghi e le punizioni dell’esperto Del Piero, si fa un po’ fatica a non convincersi sempre di più che per vincere le elezioni, così come per vincere i campionati, i mondiali e gli Europei, il patto generazionale non ha alcun senso portarlo in giro come se fosse un magnifico paio di jeans con il cavallo molto basso. Come se fosse una roba di moda. Non questo funziona e questo no, ma questo mi piace e questo non mi piace. Per favore. Certo, dire un “patto” forse è un po’ eccessivo perché i patti si firmano in due, tra chi lo propone e chi se lo accolla negli anni. Ma se invece si trattava solo di un pacco generazionale, allora sì, qui si direbbe che questa volta abbiamo fatto proprio centro.

Fonte: IlFoglio.it
Analisi simpatica, non trovate?

Inno d'Italia

lunedì 28 aprile 2008


...l'Italia s'è desta!
visto il risultato sbalorditivo delle elezioni comunali nella Capitale...
E' caduto un altro feudo, ora si lavori per fare qualcosa di serio, finalmente!

In attesa della festa...


Se le informazioni parziali dalla Città Eterna verranno confermate alla fine dello spoglio, prevedo che nel loft ci sarà tempesta, stasera!
Incrociamo le dita...

ps: nell'immagine si possono distinguere nitidamente gli uomini del csx che per oltre 15 anni si sono nutriti alla fonte romana. Forse, stavolta, c'è la possibilità che tale cattiva abitudine venga finalmente corretta...

Grillo? Ma vaffa...


Ma Beppe Grillo è il modello della nuova Italia?
di Marcello Foa

L’Ordine dei giornalisti è inutile? Probabilmente sì. Gli aiuti di Stato ai giornali di partito sono scandalosi? Senza dubbio. Criticare il mondo del giornalismo è lecito e secondo me anche salutare. Ma trovo che l’era del libero insulto stia volgendo al termine. Mi spiego: Beppe Grillo è stato l’unico a denunciare certe situazione politiche, mediatiche, economiche e questo è stato un bene per la democrazia italiana. C’era bisogno di una valvola di sfogo, di qualcuno che rompesse il conformismo e le convenienze. Ma non si può continuare in eterno a infangare tutti. Il comico genovese denuncia il malcostume nazionale, ma con i suoi ne incoraggia un altro; quello per cui il cittadino si sente legittimato ad affrontare problemi e ingiustizie con l’insulto, lo sproloquio, il qualunquismo più immediato, da bar. E’ questo il modello di civiltà promosso da Beppe Grillo? E poi quante stupidate ha detto ieri sul palco. Non è vero che l’Ordine fu creato da Mussolini, il quale istituì gli albi professionali. L’Ordine in sè è stato fondato nel 1963. Grillo ha esaltato la Bbc, Cnn e Al Jazeera come “televisioni libere”. Sulla Bbc sono d’accordo, ma la Cnn non è affatto garibaldina nei confronti della Casa Bianca e al Jazeera è posseduta dal Qatar che pone limiti molto severi all’informazione. Ancora: critica Napolitano (definito "un Morfeo che dorme, dorme, dorme") perché ha indetto elezioni prima del referendum: e che doveva fare? La legge parla chiaro e se non c’è maggioranza in Parlamento si va al voto col sistema vigente. Davvero tutti i giornalisti sono servi, a parte Travaglio? Ma siamo seri, per cortesia: che esista un problema di acquiescenza da parte di molti colleghi verso i politici è chiaro, ma offendere tutti indiscriminatamente è puro populismo. Noi giornalisti non possiamo sbagliare, ma quante scemenze ha detto Grillo in questi anni spacciandole sempre per verità assolute? La più grossa risale a qualche anno fa quando denunciava la manipolazione dell’informatica e rompeva i computer in sala. Chi lo contestava passava per fascista e qualunquista; oggi però Grillo è il profeta della Rete. E, come gli capita sovente, non accetta contestazioni. Allora: aboliamo pure l’Ordine, eliminiamo i finanziamenti, ma consideriamo Grillo per quel che è e non scambiamolo per il Vate capace di risollevare l’Italia. Per rinascere davvero questo Paese ha bisogno di modelli costruttivi, di leader credibili che sappiano elevare il discorso pubblico, anziché ridurlo a una raffica di Vaffa. Davvero Grillo è l’eroe della nuova Italia? Vi riconoscete in lui?

Fonte: blog.Ilgiornale.it/foa

Sarà che quando sento parlare male di Grillo mi illumino, perchè anche io non tollero il suo modo di discutere delle cose, di urlare le sue presunte verità, di insultare chiunque la pensi diversamente come il più fascista tra i fascisti. I suo metodi sono solo la versione geneticamente modificata di certa violenza politica che in Italia impedisce un serio dibattito per affrontare i problemi del Paese. C'è bisogno non appena di giovani, in Parlamento, ma di persone capaci. E le persone capaci non è detto siano necessariamente giovani... Sarà che poi, sulla libertà dell'informazione di Travaglio, nutro più di qualche sospetto...

ps: nel testo proposte sottolineature mie

Premio Nobel alla simpatia

venerdì 25 aprile 2008





VS





Non mi è stata mai granchè simpatica, a dire il vero... se non nelle vicissitudini familiari note in casa Clinton...ma dire che lei "vince dove conta", anche se poi ha un pò corretto il tiro, denota scarsa intelligenza politica...e pure una bella quantità di faccia tosta! Per questo spero NON riesca...anche se dai media italiani mi aspetterei (sono idealista fino in fondo, vero?) anche un pò di attenzione per il candidato repubblicano, McCain, che sarà lo sfidante del vincitore tra Hillary e Obama. Solita informazione da regime dei buoni sentimenti, cioè il peggiore! Mah... Ad ogni modo la battaglia è molto aperta: chi vincerà?

Gravissima infrazione

mercoledì 23 aprile 2008

Scusate se per qualche giorno sarò un pò assente...spero di rientrare quanto prima! Nel frattempo gustatevi la vignetta! A presto!!

Post della domenica

domenica 20 aprile 2008

Il post che non avrei voluto scrivere. Inadatto a questa cornice scherzosa, lo trovate qui.

Divisioni interne (al proprio cervello)

mercoledì 16 aprile 2008

Bellissimo articolo letto sul blog di Carlo Panella. Con la solita chiarezza analizza le polemiche strumentali (ancora? Ma non la smette mai?), montate ad arte da Uolter Ueltroni che, dopo aver perso brutalmente il confronto elettorale, si permette il lusso di sbattere i piedi con un bambinone perchè vuole la presidenza di una delle due ali del Parlamento. A che titolo, non è dato sapere. Ma ecco l'analisi di Panella:

Presidenza delle Camere. Walter ci è o ci fa?

Walter Veltroni dove era quando il suo partito si è preso una dopo l'altra la presidenza del Senato, della Camera, della Repubblica, della Corte Costituzionale, della Rai, di quasi tutte le Auuthority e la vicepresidenza del Csm, oltre, naturalmente, alla presidenza del Consiglio? Il tutto, dopo un voto in cui aveva preso 240.000 voti in meno di Berlusconi al Senato e 26.000 in più alla Camera e dopo aver seccamente rifiutato la profferta di un governo di larghe intese avanzata dallo stesso Berlusconi.
Allora il sindaco di Roma acconsentì gioioso all'ingordigia di Prodi e D'Alema (condivisa da Napolitano). Ma oggi, quando Berlusconi prende 3 milioni di voti in più del suo partito, nel momento in cui il Pd continua a controllare presidenza della Repubblica, Consulta, Rai e Csm, Veltroni osa protestare perchè non gli viene data la presidenza del Senato. Secondo l'ineffabile Tecoppa, Berlusconi dovrebbe lasciare al Pd tre quarti delle presidenze e aggiungerci il Senato, accontentandosi della presidenza del Consiglio e della Camera.
Orrida concezione della democrazia, tipica del ''vizietto'' che accomuna Veltroni a D'Alema che hanno succhiato lo stesso latte sovietico.
Quando vinco io -anche se di un pelo- ho diritto al più pieno spoil system, perché io sono io, sono ''migliore'', sono etico, sono...
Quando vinci tu, invece, devi essere bipartisan, devi condividere il potere con me, perché tu sei inaffidabile, non democratico, da controllare e quindi devi darmi garanzie.
Solo un po' di bagni d'umiltà alla 14 aprile possono guarire i leader del Pd da questo ingiustificato complesso di superiorità

Fonte: CarloPanella.it

Ps: evidenziazioni mie. Verifica lucidissima, che tiene conto del punto di vista sfacciatamente elitario che la politica di sinistra, da sempre, ha professato. Smascherandolo in tutta la sua demagogia. Non sempre si può vincere, e Walter dovrebbe saperlo: se ne faccia una ragione...

Riformismo lombardo...

Intervista a Roberto Formigoni. Da leggere. Eccovela.

Una valutazione sul peso di questa vittoria elettorale del centrodestra, fatta con l’occhio di chi da tempo governa, se pur a livello regionale, sulla base di un ampio consenso. Un consenso che ha permesso di attuare riforme, e di realizzare progetti che oramai fanno parlare chiaramente di «modello Lombardia». Roberto Formigoni parla per ilsussidiario.net di queste elezioni, con la soddisfazione del vincente ma anche con l’attenzione di chi si attende molto da un risultato così favorevole. E lasciando ancora i puntini di sospensione sul proprio futuro.

Questa è stata una vittoria tanto schiacciante, quanto complessa da valutare: ci sono due nuovi grandi partiti, c’è l’eliminazione dei partiti minori, e in particolare della sinistra estrema, c’è il peso della Lega: ci aiuti a trovare un significato sintetico di questo voto e di questa vittoria.

Il significato sintetico è innanzitutto la vittoria del centrodestra, aumentata ancor di più dalla delusione enorme suscitata dai venti mesi di governo Prodi. In qualche modo è come se gli italiani si fossero pentiti del gravissimo errore commesso due anni fa, dando al fiducia ad una coalizione “scombiccherata” che faceva acqua da tutte le parti, e che in effetti ha fatto disastri. Quindi il primo dato è la nettezza del risultato conseguito da chi propugna i valori della libertà, del liberalesimo, coniugati con una visione cristiana delle cose, con il peso dato al principio di sussidiarietà.
Il secondo significato è che ha vinto la semplificazione. Ha vinto un bipolarismo finalmente maturo, che si avvia a diventare bipartitismo, come in tutti i Paesi europei. Quindi gli italiani hanno capito che ci sono due grandi scelte: o i riformisti di centrodestra, o i riformisti di centrosinistra. E hanno fatto trionfare la visione che più è coerente con le radici italiani, che più è coerente con la storia d’Italia.

Spesso gli opinionisti e gli editorialisti dei giornali giocano a chiedere o a ipotizzare le quattro o cinque cose da fare nei primi cento giorni di governo. Le chiedo l’esatto opposto: qual è il progetto a lungo termine, l’idea di fondo che deve essere alla base di una legislatura che, visti i risultati elettorali, ci si aspetta possa durare cinque anni?

Il progetto di fondo non può che essere una rinascita complessiva del Paese, perché l’Italia è veramente in pessime condizioni. Noi abbiamo reso l’idea con lo slogan: «Rialzati, Italia!»; ma questa è veramente la realtà. Proprio il fatto di avere davanti cinque anni con una maggioranza solida ci deve far pensare a progetti di lungo periodo. Bisogna intervenire sull’economia, per rilanciarla dando fiducia e forza alle imprese, cioè a chi produce. Bisogna poi intervenire sulla macchina dello Stato, alleggerendola, semplificandola, rendendola meno costosa. Bisogna intervenire nel rapporto fra Stato e cittadini, fra amministrazione pubblica e cittadini, realizzando un federalismo solidale e competitivo, fondato sulla sussidiarietà. Sono grandi, grandissime riforme, per cui cinque anni sono necessari e sufficienti; bisogna avere l’obiettivo completarli nell’arco della legislatura, con un grande impegno.
Anticipiamo pure che le riforme istituzionali e la riforma della legge elettorale fanno parte di questo grande disegno riformista, con quello spirito di confronto con l’opposizione che, a dire il vero, Berlusconi ha sempre detto, e noi abbiamo sempre detto, anche durante la campagna elettorale. Un animo nuovo: siamo alternativi, non ci saranno “inciuci”, non ci saranno larghe intese perché non ce n’è affatto bisogno, ma l’animo nuovo è quello di una maggioranza che fa le proposte, si confronta in parlamento, recepisce anche eventuali emendamenti dell’opposizione se sono compatibili con l’impianto originario, e va avanti con un grande confronto con il Paese.

In questo clima di confronto per le riforme, che ruolo potrà giocare l’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà?

Io credo che l’Intergruppo avrà un ruolo molto significativo, anche perché alcune tesi sono diventate di dominio comune: pensiamo alla battaglia per il «5 per mille», allo stesso tema della sussidiarietà, che il cosiddetto “metodo lombardo” o “modello Lombardia” ha contribuito a far conoscere molto di più. La linea giusta è quella lì; poi vedremo esattamente come muoverci e come giocarla, ma la linea giusta è quella.

Lei ha parlato di “modello lombardo”: questo modello è valido solo a livello regionale, o può essere esportato sul piano nazionale? E come?

Dopo anni in cui ci hanno messo il silenziatore, nel senso che noi facevamo le cose in Lombardia con grande consenso dei cittadini, ma nessuno ne parlava, né sulla stampa, né nei palazzi romani, oggi invece il consenso è divampato. In tutta Italia hanno visto l’eccellenza assoluta, e tutta una serie di riforme che noi abbiamo fatto, dalla sanità alla scuola, e soprattutto hanno visto il rovesciamento del rapporto fra Stato e cittadino, cioè la centralità riconosciuta alla persona, alla famiglia, all’uomo che lavora, all’uomo che intraprende: questa è una cosa ambita e desiderata da tanti. Quindi sarebbe un errore se non si iniziasse a fare robuste iniezioni anche nel governo nazionale di questo metodo fondato sulla sussidiarietà. Io sono convinto che, un passo dopo l’altro, la sussidiarietà si farà strada: si deve fare strada, perché la sussidiarietà è l’unico modo per modernizzare il Paese, per ridargli slancio e per recuperare il rapporto con i cittadini.

Oltre alla Lombardia, il Nord in generale ha molte richieste da fare allo Stato centrale, da cose sostanziali, come ad esempio il federalismo fiscale, a richieste più pratiche e immediate, come la soluzione del caso Malpensa o gli investimenti sull’Expo. Come riuscirà il Nord a far valere le proprie istanze?

Questo è l’impegno che Berlusconi ha preso in campagna elettorale, senza naturalmente dimenticare il Sud, di cui parlerò tra un istante. Si è capito, ad esempio, che Malpensa e Alitalia sono elementi per la competitività dell’intero Paese: guai a mandarli alla malora come il governo Prodi aveva iniziato a fare. Si è capito che il tema delle grandi opere è anche questo essenziale per il Paese tutto. Quindi la questione settentrionale segnala problemi che riguardano l’intero Paese. Nei miei numerosi viaggi al Sud in campagna elettorale ho visto che le domande sono le stesse: infrastrutture; competitività; una scuola e un’università di qualità, perché i giovani devono essere formati; uno Stato più leggero, con meno spesa pubblica; uno sguardo avanti sull’innovazione e sulla forza del sistema Paese. Il tutto in un federalismo che ormai non fa più paura al Sud: il federalismo fiscale da noi propugnato non è l’egoismo dei ricchi che si tengono tutto, ma è l’efficienza e la trasparenza dell’amministrazione. Non più trasferimenti dallo Stato per spesa storica, ma trasferimenti che premino le “best practicies”, che remunerino i costi standard. Quindi le Regioni e i Comuni sono costretti ad adeguarsi alle migliori performances dei loro colleghi.

Un’ultima battuta sul futuro di Roberto Formigoni…

È molto semplice: io sono entrato in campagna elettorale con due obiettivi, cioè rendere più forte l’esperienza della Lombardia, e trasferire una parte del nostro metodo lombardo a livello nazionale. Sono due ipotesi che hanno vinto; oggi la Lombardia è ancora più forte sulla base di questa vittoria, e oggi abbiamo la seria possibilità di cominciare a cambiare l’Italia sulla base di queste idee.
Poi, chi farà che cosa, e dove sarò io precisamente, questo lo decideremo nei prossimi giorni. Non è un grande problema: credo che si troveranno le soluzioni adeguate. Quello che conta è che c’è la squadra, e che questa squadra può agire positivamente.

Fonte: IlSussidiario.net

E ora: su le maniche, c'è da lavorare!


Dopo la pioggia....


L'unico arcobaleno che resta... ultimo ricordo di un gradito diluvio che ha nettato l'italico cielo...

ps: l'elenco degli eletti qui! Di solito non lo direi, ma stavolta devo dire che gli eletti sono magnifici!!
Le elezioni hanno già migliorato il mio umore; buon segno! Non resta che applicare alla lettera i contenuti del programma!

Viltà ai Giochi

sabato 12 aprile 2008

Il Cio zittisce gli atleti: ai Giochi di Pechino niente politica o sarete squalificati

di Gian Micalessin

L’accordo del 2001 tra Comitato olimpico e Cina era chiaro. Pechino otteneva i Giochi e in cambio s’impegnava a prestare maggior attenzione ai diritti dei propri cittadini. Ora è esattamente l’opposto. Sarà il Comitato olimpico a limitare le libertà degli atleti per compiacere Pechino. L’accordo «indecente» è già pronto e l’inossidabile presidente del Cio Jacques Rogge, reduce da una serie d’incontri con le controparti cinesi non si fa scrupoli ad ammetterlo. «La libertà d’espressione è assolutamente un diritto, ma ci sono delle piccole limitazioni... siamo un movimento di 205 nazioni, molte delle quali in conflitto e i giochi non sono il posto per assumere posizioni politiche o religiose». Le «piccole limitazioni» arriveranno fin dentro le camere da letto. Una bandiera del Tibet incautamente appesa al muro costerà l’espulsione dai Giochi. Una frase di troppo su diritti umani e politica verrà valutata ed eventualmente sanzionata dai censori del Cio. Le Olimpiadi, insomma, si allineano al modello di libertà «cinese» e il villaggio Olimpico diventa un dormitorio per atleti preferibilmente muti e senza idee. «Il villaggio - chiarisce una portavoce del Cio – è parte delle Olimpiadi e rientra sotto le stesse regole... qualsiasi cosa avvenga lì viene giudicata e interpretata per capire se sia un’iniziativa provocatoria o di propaganda». Per evitare malintesi Jacques indirizzerà ai Comitati olimpici nazionali una missiva in cui definirà le espressioni considerate propaganda o provocazione e capaci, dunque, di costare l’espulsione degli atleti. Negli accordi rientra anche la decisione di avallare il passaggio della staffetta olimpica attraverso il Tibet ignorando di fatto sia la rivolta sia la massiccia repressione in corso. «Il Comitato olimpico internazionale – ha detto Rogge - è d'accordo sul passaggio della torcia olimpica in Tibet e non è preoccupato per possibili incidenti».
La parte più sibillina delle intese riguarda le misure, annunciate dai cinesi e confermate dal Cio, per evitare nuove contestazioni alla torcia. «Il Comitato organizzatore di Pechino – riferisce la portavoce del Cio Giselle Davies - ha spiegato di aver adottato misure per garantire che in futuro qualsiasi rischio, se ve ne saranno, sia contenuto». Le nuove garanzie dovranno, però, fare i conti con le leggi dei paesi attraversati dalla torcia. Il Giappone, non a caso, ha già escluso la presenza dei 30 gorilla cinesi che hanno finora fatto da scudo alla fiaccola. Il ministero degli Esteri di Pechino ha intanto respinto con indignazione la mozione del Congresso Usa che chiede la fine della repressione in Tibet e l’apertura di un dialogo con il Dalai Lama. Con quel documento secondo un portavoce del ministero «si è ribaltata la storia del Tibet e la realtà moderna, ferendo i sentimenti del popolo cinese». Intanto, nonostante le pressioni per il boicottaggio il presidente americano George Bush ha detto in un’intervista tv di aver intenzione di partecipare ai Giochi, aggiungendo che al riguardo il suo programma «non è cambiato».

Fonte: IlGiornale.it

In questa giornata di silenzio mi dedico alle olimpiadi della vergogna. Quelle nelle quali le manifestazioni sportive si svolgeranno sotto una campana di vetro, ben lucidata, fuori della quale il Regime Comunista di Pechino continua a dettare il buono e il cattivo tempo. Con il popolo che continuerà a farne le spese, come sempre. E noi saremo lì, turisti anonimi con una bella fetta di prosciutto sugli occhi e con nella musica il nostro iPod che ci garantisce che non sentiremo nulla, neppure l'urto della nostra coscienza...

Endorsement. And the winner is....

giovedì 10 aprile 2008

Mi adeguo alla moda del momento: faccio il mio "endorsement". Ma lo faccio non per moda ma per responsabilità personale. E' stato chiesto a me di scegliere chi sostenere, mi son dovuto impegnare personalmente per deciderlo. Non mi interessano le scelte politiche per 'partito preso', non mi piace chi sventola bandiere in piazza senza saper nulla dei programmi dei contendenti. Non tollero chi vota 'per simpatia', nè chi si fa guidare da motivazioni sentimentali (del tipo: 'guarda come parla bene...'). Mi piace chi sceglie con ragione. Ed infatti, dopo varie serate spese a leggere manifesti dei valori, programmi cartacei, informarmi, dibattere (con la vicina di casa, ma anche con amici e parenti!), sono anche arrivato alla conclusione che i due schieramenti in gara (perchè, dite che ci son anche altri in lizza? State scherzando?) non sian poi granchè simili. Anzi, son presenti sostanziali differenze di impostazione. Precisamente: uno si basa su una scuola politica che, di fatto, fa (e continua a fare) dello statalismo la sua bandiera, l'altra confida maggiormente nelle potenzialità del privato di intervenire in modo più preciso e puntuale, con costi e rendimenti ben maggiori, anche in campo pubblico. Sui concetti di famiglia in gioco ho già scritto qualcosa qui. Se ne son sentite tante: polemiche sterili, affermazioni populiste, 'esplosioni' propagandistiche, tentati sgambetti e lotte intestine. Se ne son viste tante: carovane di auto, piazze gremite, lanci di uova ed ortaggi (complimenti agli imbecilli, a proposito), ma alla fine bisogna rischiare un giudizio. Non c'è un partito che mi rispecchi in toto, ma ce n'è uno che è ben più prossimo a ciò in cui credo. Ed è su di esso che ho deciso di scommettere. Senza paraocchi. Ma fiducioso, tutto sommato.

Indecisi di tutta Italia...


Le percentuali di indecisi per quanto riguarda le prossime Elezioni sono significative, per cui vi propongo uno strumento interessantissimo di analisi relativamente alle 'scelte sensibili', che non devono certo esser trascurate per la determinazione dello schieramento politico da sostenere. Lo strumento è presente all'indirizzo www.nuoveonde.com e il documento può essere scaricato, in formato pdf, dal bannerino presente in basso a destra in questo blog (oltre che dalla home del sito, ovviamente). In mancanza di uno schieramento che rappresenti perfettamente il nostro pensare, è importante tener dei punti fermi che possano guidarci nella scelta migliore. Fatemi sapere che ne dite...

Solidarietà tra compagni...

...finanziata dai cittadini, oppure possiamo farla pagare a Veltroni? In fin dei conti Uolter e Bassolino sono nella stessa coalizione...
Ma, ohibò!, ecco altre affermazioni odierne del leader del Pd sul già citato compagno: "ha fatto un buon lavoro a partire dal primo giorno in cui si è insediato al Comune nell'interesse della città". Siamo veramente al ridicolo... E gli mitaliani dovrebbero sostenere questa falsità per il Governo? Ma per piacere...

Noblesse oblige

mercoledì 9 aprile 2008

AGI - Roma, 9 apr. "Berlusconi è ossessionato da me. Tanto non gliela do...". Così Daniela Santanchè, candidato premier de la Destra, replica a Silvio Berlusconi che nel corso della puntata di Omnibus aveva detto che la Santanchè non è altro che "quella destra Billionaire che cerca di portarci i voti ma che fa soltanto il gioco della sinistra".

Che non mi si chieda perchè non mi sia neppure venuto il dubbio di votarla. Nè per lei, nè per lei. Ma qualcuno può spiegare alle due rappresentanti del gentil sesso che la politica è una cosa seria?

Il Faccia Tosta

News su Tgcom.it: "Berlusconi ha governato per 6 anni e tra il 2001 e il 2006 non ha onorato in nessun modo il contratto firmato con gli italiani e anche sullo studio dell'università di Siena ha detto un'altra cosa non vera". Lo ha detto il Leader del Pd, Walter Veltroni riferendosi al suo rivale e ai risultati del governo della Cdl. "L'università di Siena - sostiene Veltroni - non ha detto che è stato realizzato l'80% del contratto".


A parte che, tra 2001 e 2006 gli anni sono 5 (ma tant'è), se anche fosse stato realizzato meno dell'80%,mi pare un ottimo risultato, visto che il SUO governo non ha fatto proprio nulla, governando per due anni. Affamandoci bene bene, tra l'altro. E l'esecutivo Prodi (attuale Presidente del Pd, non dimentichiamolo) è presente praticamente intatto (ad esclusione della SA, che sarà una sicura futura alleata del centrosinistra) nelle file del Pd. Mah...

Tentato sgambetto

martedì 8 aprile 2008


Ma si può anche solo concepire delle schede elettorali simili? Immaginate un vecchietto che deve votare, pensate a quanto sia semplice sbagliare e invalidare la scelta effettuata. Certo, poi ha un bel coraggio Amato (il bugiardone) nel dire che le schede sono fedeli alle norme vigenti. Norma, per l'ennesima volta, non vuol dire, necessariamente, buonsenso...

Istruzioni:
  1. Unica croce, su un unico simbolo di partito (se è una coalizione, segnare uno solo dei partiti della coalizione - come in figura)
  2. Tenere la croce stessa all'interno del riquadro, per evitare contestazioni in sede di scrutinio.
  3. Ricordare che, per legge, se si sbaglia segnando una scheda si ha diritto a chiederne un'altra per riesprimere la preferenza! Basta chiedere al Presidente del seggio.
Non fatevi fregare, mi raccomando!

L'invenzione dei mostri

lunedì 7 aprile 2008

L'invenzione dei mostri
di Ernesto Galli Della Loggia

Certo: si può chiudere il discorso tirando in ballo le solite «frange folli », dicendo che dopotutto si tratta di non più di qualche centinaio di scalmanati, ignari della fondamentale distinzione tra la forza degli argomenti e l’uso della forza come argomento: cose che ci sono e ci saranno sempre e dovunque. Si può fare così, certo: ma sarebbe come nascondere la testa sotto la sabbia al pari degli struzzi. Le ripetute, violente manifestazioni inscenate ai comizi di Giuliano Ferrara, i tentativi di impedirgli di parlare, testimoniano infatti di qualcosa di diverso e di più grave.

Nel vilipendio della stessa immagine fisica dell’avversario (l’evocazione insistita della sua corpulenza come sinonimo di un’anormalità più sostanziale, antropologica, che va punita), nel pregiudizio livoroso verso ciò di cui egli viene eletto a simbolo («tornatene in televisione») così come verso i supposti veri moventi delle sue opinioni («servo dei servi di Berlusconi »), in tutto questo si avverte l’eco di qualcosa che conosciamo anche troppo bene, e che non è certo patrimonio esclusivo di qualche gruppetto di esagitati.

Ci sentiamo l’eco del disprezzo e della manipolazione che in Italia viene regolarmente riservato a chi non la pensa come noi. E non già dalle «frange folli », ma spessissimo dai più illustri commentatori, dai rappresentanti più accreditati della cultura. Ha un bel dire oggi con tono virtuoso Miriam Mafai (e con lei tanti altri) che se fosse stata a Bologna sarebbe stata con Giuliano Ferrara «contro coloro che con la violenza gli hanno impedito di parlare». Vorrei vedere il contrario! Ma il punto non sta qui. Non è quando si arriva alle sediate in testa e all’assalto al palco, infatti, che bisogna far sentire la propria voce. È — o meglio era, ormai — quando da mille parti si è dipinto di continuo Ferrara come una sorta di orco antiaborista, uno che voleva ricacciare le donne nella clandestinità delle mammane.

Quando, piuttosto che riconoscere che le cose che il direttore del Foglio diceva, e per come le diceva, ponevano alla politica questioni tremendamente, forse insopportabilmente, serie, si è preferito invece consegnarlo in pasto alla demonizzazione estremistico- femminista nascondendosi dietro la solfa fintamente virtuosa del «ma nessuno è favorevole all’aborto in quanto tale»; lasciando quindi che lo si considerasse come un subdolo mistificatore o, nel caso migliore, uno squilibrato. Si è preferito cioè, seguire il copione abituale che in Italia caratterizza la discussione pubblica — si parli di aborto o della Costituzione, di immigrazione o di storia del fascismo —: cambiare le carte in tavola, fingere di non capire, far dire all’altro ciò che quello non ha mai detto ma che secondo noi voleva dire.

Tutto pur di non prendersi l’incomodo di discuterne realmente le idee, ritenute pericolose per le certezze nostre e della nostra parte. Con il risultato inevitabile, e voluto, di far passare chi ha il solo torto di non pensarla come noi, di far passare lui, paradossalmente, come il colpevole di strumentalizzare le idee in funzione di chissà quale disegno politico. E gettando così le premesse per la costruzione della figura del nemico pubblico numero uno: attività alla quale, in Italia, per strano che possa sembrare, non sono dediti tanto gazzettieri di terz’ordine o politici senza scrupoli, ma per lo più la crema intellettuale del Paese, uomini e donne assolutamente dabbene.

Fonte: Corriere.it

Ottima analisi. C'è poi da aggiungere che la cultura prevaricatrice è ormai prerogativa più di certa sinistra che dell'estrema destra. Ragion per cui, un vero laico dovrebbe trarne le conseguenze, tanto più in prossimità delle prossime elezioni...

Ps: grassetti et similia miei!

La spesa furba

venerdì 4 aprile 2008

Ho comprato sei voti
Andare a Colonia e scoprire che portarsi a casa le schede elettorali degli italiani all’estero è ancora un affare da pochi euro. Ecco come e dove trovare i plichi spediti dal consolato tedesco
di Rodolfo Casadei

Colonia

“Wenn unzustellbar, zurück! Consolato Generale d’Italia, Universitätsstrasse 81 - 50931 Köln”. La scritta sulla busta bianca rettangolare, marchiata col timbro blu della postalizzazione tedesca in alto a destra, non lascia adito a equivoci: quando questo plico non trova il suo destinatario, deve tornare all’ufficio del consolato italiano di Colonia, responsabile della spedizione. Invece si trova, insieme a un’altra quasi identica, nelle mie mani. Per due precise ragioni: la prima è che il destinatario ha regolarmente ricevuto quanto gli era stato inviato; la seconda è che successivamente ha deciso di cederla a me in cambio di denaro. Sì, è andata proprio così: ho comprato sei plichi contenenti le schede del voto degli italiani all’estero. Ho preso un aereo, sono sceso in una città tedesca dove nessuno mi conosceva e nel giro di 48 ore ho trovato chi mi ha venduto il suo voto. Potevo acquistarne altri ma mi sono fermato a sei perché lo scopo era raggiunto: dimostrare quanto è facile alterare la regolarità del voto della Circoscrizione Estero. Due anni fa l’inchiesta di Tempi sui brogli nel voto degli italiani nel mondo non provocò alcun serio provvedimento migliorativo. Vediamo se stavolta il sistema continuerà a fingere di essere cieco oltre che analfabeta. Adesso dovrà non solo far finta di non saper leggere, ma anche di non vedere la foto della merce ottenuta da Tempi.
Certo, chi vuole potrà sostenere che la foto e questo racconto non dimostrano niente, perché in questo momento i plichi non sono più nelle mie mani. Infatti li ho restituiti intatti ai destinatari legittimi, poveri diavoli sui quali non c’è motivo di infierire. Se i nostri connazionali all’estero mercanteggiano così facilmente il proprio diritto a partecipare alla democrazia italiana, è per una lunga serie di ragioni: indifferenza alle vicende politiche nazionali, sfiducia nei riguardi dei candidati, rapporti di sudditanza nei confronti di persone da cui hanno ricevuto favori, in alcuni casi condizioni di vera e propria povertà che rendono allettanti persino i pochi euro offerti per il loro voto. Forse pochi sanno che sono finiti i tempi in cui i nostri emigranti riuscivano a mantenersi in Belgio, Germania, Svizzera, eccetera e nello stesso tempo a mandare in patria i soldi per la casa dove avrebbero trascorso la vecchiaia. Oggi i nostri emigrati che continuano a svolgere occupazioni ordinarie o umili (e nel Nord Europa sono la grande maggioranza) non possono immaginare altro futuro che nei paesi in cui si sono trasferiti, e con garanzie di welfare molto meno generose che in passato. Insomma, è l’occasione che fa l’uomo ladro. Fino a quando a regolare il voto degli italiani all’estero sarà una normativa difettosa e irrealistica come quella in vigore, l’onestà e la trasparenza del responso elettorale saranno una barzelletta.
La spedizione non era iniziata nel migliore dei modi. Per osare la mia offerta ero entrato in un bistrot italiano di Ehrenfeld, quartiere della prima periferia di Colonia popolato di italiani e di turchi. Ogni pochi metri si incontrano bar e salumifici tricolore, Internet cafe e Döner Kebab turchi. Il locale mi era stato segnalato come uno di quelli al centro di collette di voti a favore di un candidato. Il gestore del locale pagherebbe dei ragazzi che gli portano plichi chiusi ancora da votare, e il candidato (uno della Destra) li ricomprerebbe da lui a un prezzo maggiorato dei due terzi. Pensavo di poter conquistare poco alla volta la confidenza di qualche avventore e arrivare per gradi al dunque. Ma mantenere l’incognito sulla propria identità professionale in un bar di emigrati italiani (siciliani) in Germania è più difficile che entrare nudi in chiesa e passare inosservati. Nel giro di un quarto d’ora si riunisce un trio di avventori, ognuno dei quali entrando ha lanciato un’occhiata indagatrice allo sconosciuto seduto al tavolino fra il quadro di padre Pio e due macchinette mangiasoldi. Dopo un po’ di borbottii cominciano a parlare ad alta voce dello schifo della politica italiana e dello schifissimo del voto italiano all’estero. «Hanno già cominciato a chiedere le schede come l’altra volta», urla quello che sembrava il più distinto dei tre. «Se un giornalista sente le cose che stiamo dicendo gli si rizzano tutti i capelli in testa». «Io a casa ho sette schede», grida mentre solleva le mani e fa il numero con le dita. «Se mi danno 10 mila euro gliele do tutte». Più modesto il quarantenne vicino a lui: «No, io gliele do se mi pagano l’affitto: 800 euro». Di lì a poco pago il conto e me ne vado, umiliato.
«Possono permettersi il lusso di comprare le buste elettorali per cercare di essere eletti. La storia dura già da due settimane, la quota di una busta si aggira oggi sui 5 euro». Altro che 10 mila o 800 euro. È il testo di una dichiarazione rilasciata all’agenzia di stampa Aise da un candidato residente a Colonia, Rosario Cambiano, che si presenta al Senato per l’Udc. Lo contatto per saperne di più circa l’identità dei compratori, ma lui taglia corto e si defila: «Sì, l’ho già detto, il prezzo finale è 5 euro. Chi porta le buste al collettore riceve 3 euro l’una, poi quel signore le rivende al candidato per 5 euro. Ma guardi che ci sono molti altri problemi in questo voto. Quando ho presentato i miei documenti per la candidatura, ho scoperto che il mio nome non figurava più nell’Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, nda) benché io viva qua da 26 anni, ma era riapparso nell’anagrafe del mio Comune italiano di nascita. Ho dovuto chiamarli io per riavere i miei diritti. E un’altra cosa: mia moglie è russa di passaporto, ma alle passate elezioni le hanno inviato il plico per votare come cittadina italiana all’estero. Sono andato io a restituirlo al consolato».

Effettivamente le incongruenze fra gli elenchi dell’Aire, quelli in possesso dei consolati e quello in base a cui il ministero degli Interni fa spedire le schede agli elettori sono un altro grandissimo casino del voto italiano all’estero. Sono potuto entrare in contatto con una famiglia nella quale la giovane moglie, dell’età di 23 anni, ha ricevuto insieme alla scheda per la Camera anche quella per il Senato, benché in quest’ultimo caso l’età per il voto sia fissata a 25 anni. E con un’altra famiglia dove un ragazzo di 15 anni – quindici anni! – ha ricevuto un plico elettorale a lui intestato contenente una sola scheda: quella per il Senato… Entrambi me le hanno lasciate per ricordo.

Il postino distratto

Poi ci sono quelli che i plichi non li hanno ricevuti. Entro in un condominio della Velnoer Strasse di Ehrenfeld dove abitano quattro famiglie italiane. Parlo con uno dei ragazzi. Mi racconta che oggi, sabato 29 marzo, ultimo giorno utile per ricevere le schede (poi bisogna andare a protestare al consolato), delle quattro famiglie italiane del palazzo solo due hanno ricevuto i plichi. Però alla famiglia che ne aspettava sei ne è arrivato solo uno, e a quella che ne aspettava quattro pure. In totale, di diciannove plichi attesi ne sono arrivati solo due. Che fine hanno fatto gli altri? Si può ragionevolmente pensare che siano stati portati via dalle buchette della posta: i due sopravvissuti erano troppo “profondi” per essere recuperati, ma gli altri no. Quest’anno alcune circoscrizioni consolari (per esempio quelle del Belgio) hanno deciso di spedire i plichi con una raccomandata: i destinatari devono firmare quando ricevono le buste. Quelle della Germania no: i postini tedeschi sono addestrati a infilare la posta al sicuro in fondo alle buchette, ha fatto sapere l’ambasciata italiana. Sono testimone diretto che non è così: ho pedinato qualche postino tedesco sabato mattina, e se avessi voluto avrei potuto rubare la posta che lui imbucava. Sono giovanissimi, hanno una tuta gialla e nera e spingono sul marciapiede un carrello giallo col contrassegno del corno da caccia. Quando il postino ha girato l’angolo della Leyendeckerstrasse, tutte le porte dei palazzi erano ancora aperte e negli atrii si vedeva la posta che debordava dalle buche. Per il semplice fatto che sabato era in distribuzione un giornale pubblicitario, Imzukaufen, che col suo volume teneva aperte le bocche delle cassette.

La raccolta porta a porta
Ma non è affatto necessario rubare i plichi per ottenerli. Spesso basta andare per le case. Carmelo Bruna, capomastro di origine siciliana, ha ricevuto una visita mercoledì sera: «Si sono presentati due signori giovani e mi hanno detto: “Siamo del partito di Berlusconi. Se la pensa come noi ci dia per favore le buste. Ci pensiamo noi a votarle”. Io gli ho risposto: “Ma non sono nemmeno ancora arrivate!”». I visitatori potevano in realtà essere di qualsiasi partito. Gira voce che il più grosso dei gruppi organizzati che vanno in giro a chiedere i plichi agli italiani faccia riferimento a una ditta di macchine da gioco con sede legale in Liebigstrasse. Alle elezioni passate costoro avevano fatto incetta di plichi per un candidato donna dell’Unione, che ha ricevuto tantissimi voti e sfiorato l’elezione pur essendo poco conosciuta. Quest’anno invece si sarebbero gemellati con un importante candidato del Popolo della Libertà. Un altro candidato molto attivo appartiene alla Destra: raccoglierebbe i plichi in esclusiva in almeno tre bar italiani in Leyendeckerstrasse, Subbelratherstrasse e Mühlheimstrasse a Kalk, un sobborgo di Colonia.

A proposito: le mie sei buste io le ho pagate 150 euro, cinque volte più del valore di listino al 29 marzo. Spero tanto di aver provocato una spirale inflazionistica.

Fonte: Tempi

Allucinante, vero? Questo per dimostrare, ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) che il voto per gli italiani all'estero, in questa forma, è una buffonata. Buffonata che, nella scorsa edizione delle Elezioni Politiche, era stata già abbondantemenete smascherata dallo stesso Tempi. E per la quale il Governo non si è assolutamente mosso. Oggi come allora. Una vergogna; l'ennesima.

Fascio-comunisti/e

giovedì 3 aprile 2008


Illiberali. Indegni. Fascisti. Impedire ad un candidato di parlare. Che schifo. In un paese serio avrebbero marcito in cella, queste macchiette. In Italia, invece, questi dei centri sociali fanno il buono e il cattivo tempo, e nessuno glielo impedisce. Poliziotti in tenuta antisommossa per un comizio elettorale di una lista minuscola, che di certo non darà alcun problema. Disadattati, residuati della società che prima si sciacquano la bocca con la parola democrazia e poi si permettono il lusso della contestazione. Democrazia? Questa non è democrazia; semmai oligarchia. Basta avere qualche potente dalla propria che tutto è concesso, tanto si hanno le spalle protette. Basta cavalcare l'onda dele opinioni radical-chic che tutto è, automaticamente, consentito. In fin dei conti, dicono, vogliono difendere il diritto di tutti. Siamo sicuri? Qual era il problema che Ferrara parlasse? Forse che qualcuno capisse come funziona il giochino? E poi, ecco come procede l'informazione di regime: la notizia, in questa e quest'altra versione e la propaganda. Provate a verificare le (molte) differenze.



Mi metto a ridere se...

mercoledì 2 aprile 2008



...per colpa di un partito "mezza calzetta" ci sarà un rinvio delle elezioni...
Ma dico io, le spese di un eventuale rinvio chi le paga? Quel signore in figura? Vabbè che, col risanamento del Pil ci saranno un sacco di risorse da impiegare...

A proposito di valori...

martedì 1 aprile 2008

...ecco un articolo di Avvenire, a cura di Francesco D'Agostino, che potete leggere in forma integrale a questo indirizzo, che sottolinea quello che in questa campagna e lettorale non riesce a venire fuori con chiarezza, ovvero il tema dei 'diritti'. Sottolineo un paio di battute: non riesco a trovare nelle dichiarazioni programmatiche che vengono sottoposte a noi cittadini elettori alcun riferimento all’attuale dibattito in merito ai 'diritti'. Si badi: non mi sto riferendo ai diritti umani ampiamente e limpidamente recepiti nella Costituzione repubblicana. Su quei diritti non c’è dissenso tra le forze politiche che si contendono il campo (e questa dovrebbe essere una profonda ragione di conforto per tutti noi). Mi riferisco ai cosiddetti 'nuovi' diritti: quelli che investono la famiglia (quale statuto giuridico riconoscere alle coppie di fatto e a quelle gay?) e quelli di rilievo bioetico (dal problema dell’aborto alla contraccezione di emergenza, dal problema della procreazione assistita a quello dello statuto degli embrioni umani). [...] Su questi punti, la vaghezza programmatica dei partiti che chiedono il nostro voto è deplorevole: eppure queste [...] sono le vere questioni decisive del nostro tempo. Ecco perché, quando leggo che a Brescia, in occasione di un raduno del Pd, è stata tributata una standing ovation al ministro del Lavoro spagnolo, Jesús Caldera, mi chiedo se sia stata applaudita la politica economica di Zapatero (che sembra sia stata brillante) o non piuttosto la politica (tutt’altro che brillante, anzi inquietante) in merito ai pretesi nuovi diritti di cittadinanza che egli ha introdotto nel suo Paese: il matrimonio tra omosessuali, il diritto delle coppie gay all’adozione, la cancellazione dalla terminologia legale delle parole 'padre' e 'madre', l’introduzione come insegnamento obbligatorio nelle scuole di una disciplina, l’'Educazione alla Costituzione', finalizzata a orientare ideologicamente i bambini e i ragazzi, per indurli ad accettare come evidente e condivisa (!) l’idea che non esiste 'la famiglia', ma che esistono tanti diversi modelli di famiglia, purché riconosciuti dallo Stato (!). E’ troppo chiedere a chi a sua volta ci chiede il voto un’onesta chiarezza su questi punti?

Come dice nello stesso articolo, i programmi delle due coalizioni che si contenderanno lo scettro sono piuttosto generici. E in effetti è un pò complessa l'analisi di ciascuno. Una cosa, però, non è esattamente vera: che Pd e Pdl siano due coalizioni-fotocopia; in realtà, proprio a partire dai valori (vi ho linko i relativi 'manifesti': Pd e Pdl) si notano alcune differenze sostanziali.


Famiglia:
  • PDL: "sia invece necessario riconoscere chiaramente il ruolo attivo della famiglia, nella consapevolezza che questa non può essere sostituita da altre figure sociali" (carta dei valori, pag. 9) . "famiglia naturale fondata sul matrimonio, formata dall’unione di un uomo e di una donna, nella quale far nascere, crescere ed educare i figli". (carta dei valori, pag. 13)
  • PD: [...] "in questo quadro vanno riconosciuti e disciplinati per legge i diritti e doveri delle persone conviventi in unioni di fatto" (manifesto dei valori, pag. 6) e, più avanti, prosegue "[Il Pd] interpreta il ruolo della famiglia tenendo conto sia dei diritti e doveri dei membri che la compongono, sia delle nuove esigenze espresse dalla società civile. La famiglia è il primo luogo relazionale, affettivo e formativo dove si sviluppano l’identità e l’inserimento sociale della persona" (manifesto dei valori, pag. 8)


Esiste, cioè, sul tema 'famiglia' una differenza sostanziale tra i due schieramenti, come potrete verificare di persona, anche solo sul piano dei 'valori'. Più precisamente il programma del Pdl contiene una definizione inequivocabile per famiglia, cosa che invece non è presente nel programma del Pd, dove la famiglia è individuata solo attraverso un generico "luogo relazionale, affettivo e formativo", sotto il quale possono esser fatti rientrare numerosi vincoli tra persone 'non meglio identificati'.