Pedofilia: lettera aperta di Marcello Pera al Corriere della Sera

sabato 27 marzo 2010

Caro Direttore,
La questione dei sacerdoti pedofili o omosessuali scoppiata da ultimo in Germania ha come bersaglio il Papa. Si commetterebbe però un grave errore se si pensasse che il colpo non andrà a segno data l'enormità temeraria dell'impresa. E si commetterebbe un errore ancora più grave se si ritenesse che la questione finalmente si chiuderà presto come tante simili. Non è così. È in corso una guerra. Non propriamente contro la persona del Papa, perché, su questo terreno, essa è impossibile. Benedetto XVI è reso inespugnabile dalla sua immagine, la sua serenità, la sua limpidezza, fermezza e dottrina. Basta il suo sorriso mite per sbaragliare un esercito di avversari. No, la guerra è fra il laicismo e il cristianesimo. I laicisti sanno bene che, se uno schizzo di fango arrivasse sulla tonaca bianca, verrebbe sporcata la Chiesa, e se fosse sporcata la Chiesa allora lo sarebbe anche la religione cristiana. Per questo i laicisti accompagnano la loro campagna con domande del tipo "chi porterà più i nostri figli in Chiesa?", oppure "chi manderà più i nostri ragazzi in una scuola cattolica?", oppure ancora "chi farà curare i nostri piccoli in un ospedale o una clinica cattolica?". Qualche giorno fa una laicista si è lasciata sfuggire l'intenzione. Ha scritto: "l'entità della diffusione dell'abuso sessuale su bambini da parte di sacerdoti mina la stessa legittimazione della Chiesa cattolica come garante della educazione dei più piccoli". Non importa che questa sentenza sia senza prove, perché viene accuratamente nascosta "l'entità della diffusione": un per cento di sacerdoti pedofili? dieci per cento? tutti? Non importa neppure che la sentenza sia priva di logica: basterebbe sostituire "sacerdoti" con "maestri" o con "politici" o con "giornalisti" per "minare la legittimazione" della scuola pubblica, dei parlamenti o della stampa. Ciò che importa è l'insinuazione, anche a spese della grossolanità dell'argomento: i preti sono pedofili, dunque la Chiesa non ha autorità morale, dunque l'educazione cattolica è pericolosa, dunque il cristianesimo è un inganno e un pericolo. Questa guerra del laicismo contro il cristianesimo è campale. Si deve portare la memoria al nazismo e al comunismo per trovarne una simile. Cambiano i mezzi, ma il fine è lo stesso: oggi come ieri, ciò che si vuole è la distruzione della religione. Allora l'Europa pagò a questa furia distruttrice il prezzo della propria libertà. à incredibile che soprattutto la Germania, mentre si batte continuamente il petto per la memoria di quel prezzo che essa inflisse a tutta l'Europa, oggi, che è tornata democratica, se ne dimentichi e non capisca che la stessa democrazia sarebbe perduta se il cristianesimo venisse ancora cancellato. La distruzione della religione comportò allora la distruzione della ragione. Oggi non comporterà il trionfo della ragion laica, ma un'altra barbarie. Sul piano etico, è la barbarie di chi uccide un feto perché la sua vita nuocerebbe alla "salute psichica" della madre. Di chi dice che un embrione è un "grumo di cellule" buono per esperimenti. Di chi ammazza un vecchio perché non ha più una famiglia che se ne curi. Di chi affretta la fine di un figlio perché non è più cosciente ed è incurabile. Di chi pensa che "genitore A" e "genitore B" sia lo stesso che "padre" e "madre". Di chi ritiene che la fede sia come il coccige, un organo che non partecipa più all'evoluzione perché l'uomo non ha più bisogno della coda e sta eretto da solo. E così via. Oppure, per considerare il lato politico della guerra dei laicisti al cristianesimo, la barbarie sarà la distruzione dell'Europa. Perché, abbattuto il cristianesimo, resterà il multiculturalismo, che ritiene che ciascun gruppo ha diritto alla propria cultura. Il relativismo, che pensa che ogni cultura sia buona quanto qualunque altra. Il pacifismo che nega che il male esiste. Oppure resterà quell'europeismo retorico e irresponsabile che dice che l'Europa non deve avere una propria specifica identità, ma essere il contenitore di tutte le identità. Salvo poi ricredersi e andare nella cattedrale di Strasburgo a dire: "ora abbiamo bisogno dell'anima cristiana dell'Europa".Questa guerra al cristianesimo non sarebbe così pericolosa se i cristiani la capissero. Invece, all'incomprensione partecipano molti di loro. Sono quei teologi frustrati dalla supremazia intellettuale di Benedetto XVI. Quei vescovi incerti che ritengono che venire a compromesso con la modernità sia il modo migliore per aggiornare il messaggio cristiano. Quei cardinali in crisi di fede che cominciano a insinuare che il celibato dei sacerdoti non è un dogma e che forse sarebbe meglio ripensarlo. Quegli intellettuali cattolici felpati che pensano che esista una questione femminile dentro la Chiesa e un non risolto problema fra cristianesimo e sessualità. Quelle conferenze episcopali che sbagliano l'ordine del giorno e, mentre auspicano la politica delle frontiere aperte a tutti, non hanno il coraggio di denunciare le aggressioni che i cristiani subiscono e l'umiliazione che sono costretti a provare dall'essere tutti, indiscriminatamente, portati sul banco degli imputati. Oppure quei cancellieri venuti dall'Est che esibiscono un bel ministro degli esteri omosessuale mentre attaccano il Papa su ogni argomento etico, o quelli nati nell'Ovest, i quali pensano che l'Occidente deve essere laico, cioè anticristiano. La guerra dei laicisti continuerà, se non altro perché un Papa come Benedetto XVI che sorride ma non arretra di un millimetro la alimenta. Ma se si capisce perché non si sposta, allora si prende la situazione in mano e non si aspetta il prossimo colpo. Chi si limita soltanto a solidarizzare con lui o è uno entrato nell'orto degli ulivi di notte e di nascosto oppure è uno che non ha capito perché ci sta.

In tempo per le feste...

mercoledì 24 dicembre 2008


Sono rientrato, giusto in tempo per un giorno di festa.

Soru ci ha lasciato.
Ne danno il lieto annunzio i sardi tutti.
Che, va da se, spero, rendano la pariglia a tutta la coalizione di centrosinistra, che ha governato in modo assolutamente vergognoso per tutti questi anni, spartendo favori a destra e manca a mille amici e amichetti...

Per il Governatore (ex): grazie di tutto quello che non hai fatto. Possibilmente stattene nel tuo castello a Bonaria ed evita di ripresentarti, non credo avrai lo stesso tributo elettorale.

ps: portati un pò della mondezza che hai accolto nella nostra regione, visto che tanto ci tenevi...

A proposito di riforma Gelmini...

giovedì 23 ottobre 2008

Il governo non può pagare sprechi, baronie e inefficienze degli Atenei
di Raimondo Cubeddu


Forse bisognerebbe partire da ciò che ha detto il Ministro Gelmini nella conferenza stampa col Capo del Governo: "Ho avviato controlli in alcuni atenei che sono vicini al dissesto finanziario e che sono peraltro quelli dove le occupazioni sono più forti [...] Il tentativo di riversare sul governo la responsabilità di una cattiva gestione che oggi raggiunge il livello di guardia è smentito dai fatti. Quindi cerchiamo di mettere le carte in tavola, di giocare a carte scoperte".

Tristemente, o pateticamente, l'autunnale protesta del mondo della scuola è purtroppo, come gli spaghetti, il mandolino e la mafia, parte integrante del folklore italiano; e fa bene Berlusconi a dire che occorre porre fine ad una buffonata che dura da decenni. Un male endemico ed indifferente ai contenuti ed ai governi, come ben sa chi ricorda le proteste contro le riforme di Berlinguer. Il tutto - con le irrinunciabili occupazioni, piccole e grandi violenze, tentativi di intimidire chi si rifiuta di firmare documenti deliranti, etc. - nel paese in cui si vorrebbe insegnare ad ogni livello la 'cultura della legalità', il rispetto delle 'diversità' e il 'patriottismo costituzionale' (le versioni moderna e colte della vecchia 'educazione civica').

Che a questi mestatori non debba essere offerta l'occasione del 'martirio' è nella logica delle cose politiche e nella gestione prudenziale di vicende che vedono coinvolti frotte di giovani e meno giovani che aspirano a fare i testimoni di una 'nuova Resistenza'. Ma qualcosa bisogna pur fare, soprattutto perché il nostro sistema educativo non ha tanto bisogno di ritocchi che eliminino piccoli difetti, quanto di una riforma radicale la cui urgente necessità non può essere accantonata nella speranzosa attesa che dal variopinto insieme di 'esperti di problemi educativi', che da decenni 'consigliano' i ministri proponendo riforme deliranti quanto le proteste dei contestatori d'oggi, emerga un nuovo Croce o un nuovo Gentile.

Prima di ritornare sulle parole del Ministro Gelmini è però bene fare alcune considerazioni. Nel nostro paese – il quale, e non dimentichiamolo, figura nelle posizioni di coda dei vari rapporti internazionali sull'educazione, e che comprendono anche paesi non occidentali – son stati smantellati o ristrutturati interi settori industriali con il licenziamento o la collocazione in cassa integrazione di migliaia di lavoratori a basso reddito. Nella scuola e nell'università si intende soltanto monitorare l'emergenza bloccando per alcuni anni il turn over.

Dai tempi della riforma Berlinguer era chiaro che l'autonomia universitaria avrebbe comportato la possibilità di scegliere se investire risorse nella didattica, nella ricerca o nei servizi. Si trattava quindi di una responsabilizzazione a cui gran parte del mondo accademico ha risposto in maniera sostanzialmente sbagliata (anche se le cosiddette 'valutazioni comparative' su base locale le ha pensate un qualche ministro del passato) sia aumentando le spese del personale con talora immotivate promozioni interne, sia aumentando il numero dei corsi e tenendoli in vita anche se frequentati da pochissimi studenti.

Dopo alcuni anni si scopre così che le spese per il personale hanno raggiunto, e talora superato, il 90% dei bilanci, che molte università hanno accumulato centinaia di milioni di euro di debiti, che alcune di esse non hanno neanche pagato i contributi previdenziali per i propri dipendenti. Che per la ricerca, come per la pulizia dei locali, non ci sono fondi.

Chi oggi protesta sostiene che ricerca e didattica, ovvero le riforme, non possono essere fatte a costo zero, ma non ha un progetto alternativo adeguato ai tempi e alle circostanze. Il tentativo, come giustamente ricorda la Gelmini, è quello di scaricare sull'attuale governo le responsabilità della situazione. E' vero che la produzione di cultura è un bene pubblico che in genere non ha ricadute immediate e i cui risultati, poiché si vedranno nel tempo, vanno sostenuti dalla finanza pubblica; ma da qui a sostenere che il governo debba pagare il conto della megalomania di docenti ed atenei (moltiplicazione di corsi e sedi) il passo è lungo. E i tempi, come è abbondantemente noto, non consentono di fare un'eccezione per quei settori, come l'università, non proprio 'virtuosi'.

Inoltre, è da dire che il mondo dell'università, anziché strumentalizzare gli studenti per nascondere i propri errori, dovrebbe assumersi qualche responsabilità per quel che è successo e per l'opposizione ai progetti di riforma che sostanzialmente propongono di legare la qualità della didattica e della ricerca a un conto economico. Ciò che vuol dire razionalizzare e valorizzare quel che viene prodotto: cosa diversa dall'accusare la Gelmini di voler 'privatizzare la scuola' e trasformare le università in fondazioni.

Ciò detto, è purtroppo innegabile che fin dalla sua nascita, l'attuale governo ha sottovalutato il problema dell'università. Non era difficile prevedere quel che sta accadendo, ma, e ancora una volta purtroppo, si è aspettato che la protesta esplodesse. Quei "controlli" si sarebbero dovuti fare prima. E accanto ad essi chiederei al Ministro anche di accertarsi se sia vero quel che mi è capitato di sentire da un alto dirigente scolastico di una città di provincia ma con una grande università: che per i programmi ministeriali lo scopo dell'educazione primaria sarebbe quello di "costruire la struttura mentale" del fanciullo; ciò per cui sarebbe necessario uno staff di docenti. Sinceramente non solo non me lo sarei mai immaginato, ma non me ne sono neanche accorto. Non sarà forse il caso di chiedersi chi ha fatto quei programmi e, soprattutto, se il degrado del nostro sistema educativo sia da mettere in correlazioni con simili futili aberrazioni da regime totalitario?

E' vero che le emergenze son tante e che il governo non può stabilire l'ordine in cui si presentano; ma arrivare oggi a dire che tra qualche mese sarà presentato un progetto di riforma organico senza che di esso si sappia al momento molto, non è stato saggio. In particolare dal punto di vista della comunicazione all'opinione pubblica, che purtroppo è finora mancata.

D'altra parte non appare né saggio né prudente far di tutta la mala erba un fascio. La realtà, infatti, e per parziale fortuna, è che accanto ad università irresponsabili ve ne sono altre che in questi anni hanno ridotto significativamente la spesa corrente e sono riuscite a fare una politica del personale finalizzata ad obiettivi realistici nel campo della ricerca e della didattica. Università che, come lamentano i loro rettori, è ingiusto punire accomunandole agli stessi criteri di rigore, imposto e doveroso, cui sono da assoggettare quegli atenei sull'orlo del disastro economico e culturale. Se la cattiva gestione è il risultato di comportamenti 'non virtuosi', e non dei provvedimenti governativi, perché non prevedere, non foss'altro che per spezzare il fronte della protesta, un qualche 'premio' per quegli atenei che non corrono il rischio del "dissesto finanziario"?

Fonte: L'Occidentale

Opinione con alcuni spunti interessanti, non trovate? O vogliamo fare come fanno tutti, cioè perderci nelle banali logiche di partito e di politica spicciola? All'Università italiana occorre una riforma, è una questione logica evidente agli occhi di tutti. Al solito ci si pone davanti l'alternativa: o proporre politiche alternative che permettano di evitare la bancarotta, o sbattere i piedi perchè non si vuole correre il rischio di affrontare una riforma certo difficile ma altrettanto necessaria.

Protestare a senso solo se l'intenzione è quella di proporre alternative valide e percorribili e non, come alcune sigle stanno facendo in queste ore, protestare per (di fatto) mantenere privilegi e sprechi il cui peso, domani, ricadrà come un macigno su tutto l'insieme dell'istruzione italiana. Si vuole forse arrivare a questo?

Travaglio (ri)condannato

giovedì 16 ottobre 2008


Il presunto collega Marco Travaglio è stato condannato a 8 mesi di prigione e 100 euro di multa perché diffamò Cesare Previti, al quale andrà anche un risarcimento di 20mila euro che sarà probabilmente sborsato dall’Espresso. Il settimanale, infatti, il 3 ottobre 2002 ospitò un articolo diffamatorio sicché la direttrice Daniela Hamaui, a ruota, è stata condannata a 5 mesi e 75 euro che è una pena piuttosto elevata, se rapportata al di lei cosiddetto «omesso controllo». Ma siamo solo al primo grado, e la pena in ogni caso è stata sospesa per entrambi.

La diffamazione è il reato a mezzo stampa per eccellenza, spesso fisiologico a chi scrive di cose giudiziarie: nel caso di Travaglio, tuttavia, la condanna lo trasforma in un classico bersaglio del suo stesso metodo. Il reato è del 2002, ma giudicato nel 2008, dunque è presumibile che andrà in prescrizione prima del giudicato; il reato, inoltre, ricade tra quelli coperti dall’indulto approvato nel 2006; il reato, infine, stando al suo gergo da film con Thomas Milian, trasforma Travaglio in un «pregiudicato» poiché in precedenza era stato condannato sì come diffamatore, ma solo in sede civile. Condannato, oltretutto, sempre per azione di Previti: nel 2000, per un suo articolo pubblicato sull’Indipendente nel 1995, il tribunale l’aveva già condannato al pagamento di 79 milioni che gli furono progressivamente decurtati dal reddito mensile.

Nel febbraio scorso, poi, nella sua Torino, Travaglio è stato condannato a risarcire Mediaset e Fedele Confalonieri per alcune ingiurie pubblicate sull’Unità del 16 luglio 2006; la notizia di questa condanna registrò tra l’altro un curioso episodio: un collaboratore dell’Espresso, Daniele Mastellarini, scrisse sul suo blog che «Travaglio, che è sempre molto preciso sulle condanne altrui, scrive che “dovrò pagare 10mila euro più le spese al dottor Fedele Confalonieri”, mentre in realtà sono 12.000 e dimentica la pubblicazione dell’estratto sul Corriere della Sera, che ha un costo non indifferente. Travaglio non riporta anche la condanna a risarcire Mediaset per 14.000 euro, e soprattutto non dice che davanti al giudice ha definito la propria rubrica “di carattere satirico”». Questo scrisse Mastellarini prima che il suo rapporto con l’Espresso, senza nessuna spiegazione, avesse a interrompersi. Altre querele, come una di Antonio Socci, Travaglio le ha scansate chiedendo pubblicamente scusa.

Ma torniamo a ciò che in una botta sola trasformerebbe Travaglio in pregiudicato o prescritto o indultato. L’articolo del 2002 era sottotitolato così: «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia. Un uomo d’onore parla a un colonnello dei rapporti di Cosa Nostra e politica. E viene ucciso prima di pentirsi». E già qui il cosiddetto «sottinteso sapiente» pare chiaro.
Lo sviluppo, poi, è ignobile: classico copia & incolla a tesi dove un pentito mafioso spiega che Forza Italia fu regista di varie stragi e fece un patto elettorale con Cosa Nostra. Il pezzo di Travaglio farebbe schifo già così, ma la sua disonestà intellettuale deve ancora dare il meglio. Vediamo.
Il pentito del caso, Luigi Ilardo, raccontò queste cose che finirono in un rapporto redatto nel 1993. Ma Ilardo venne freddato da due killer nel 1996, talché «quello che avrebbe potuto diventare un altro Buscetta non parlerà più. Una fuga di notizie, quasi certamente di provenienza “istituzionale”, ha avvertito Cosa Nostra del pericolo incombente». Chi ha raccolto le confidenze del pentito, si legge, è il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, in seguito coinvolto in un processo su presunti blitz antidroga pilotati. Riccio, nel 2001, viene convocato nello studio del suo avvocato Carlo Taormina assieme a Marcello Dell’Utri e al tenente Carmelo Canale, entrambi imputati per concorso esterno in associazione mafiosa. Taormina negherà, ma secondo Riccio in quello studio si predisposero cose losche: aggiustare deposizioni, scagionare Dell’Utri, cose del genere. Poi l’infamia. Travaglio cita un verbale reso da Riccio, sempre nel 2001: «In quell’occasione, come in altre, presso lo studio dell’avv. Taormina era presente anche l’onorevole Previti». E praticamente finisce l’articolo: l’ombra di Previti si allunga dunque su traffici giudiziari, patti con Cosa Nostra, regie superiori e occulte.


Il dettaglio, l’infamia, è che Travaglio non mette il seguito della frase. Eccola per intero: «In quell’occasione, come in altre, presso lo studio dell’avv. Taormina era presente anche l’onorevole Previti. Il Previti però era convenuto per altri motivi, legati alla comune attività politica con il Taormina, e non era presente al momento dei discorsi inerenti la posizione giudiziaria di Dell’Utri». Questo è il presunto collega che questa sera arringherà le folle ad Annozero. Questo è Travaglio.

Fonte: Il Giornale

Ma tu pensa; graziato dall'indulto. Piove sul bagnato, Governo ladro! Attendiamo la prossima occasione, sperando sia meno propizia al "coso" (chiamarlo giornalista è un insulto alla categoria). Nel frattempo avrà tutta la solidarietà del compagno Santoro, che lo dipingerà come il solito martire laico. Speriamo solo che ricordi al pubblico che, al momento, l'unica certezza è che dice un mucchio di cazzate. Cosa che il dott. Santoro, ovviamente, non farà.

ps: l'ha detto il giudice, non sono stato io! :-)

Politiche del lavoro

giovedì 9 ottobre 2008

VIA LIBERA!
Vi segnalo un interessante appuntamento, sul tema (attualissimo) delle Politiche del Lavoro.
L'incontro si terrà a Cagliari, l'11 Ottobre alle ore 10.00, presso il Thotel.
Tale appuntamento è organizzato (e sviluppato) da un amico.
A questo indirizzo potrete leggere una breve descrizione di quelli che saranno i contenuti del convegno.
Se volete, possiamo trovarci in loco. Io ci sarò, garantito!! :-)

...cure

lunedì 6 ottobre 2008


... dopo la sconfitta referendaria!
Brutto modo per iniziare a lanciare l'assalto allo scranno dell'Imperatore Soru, in vista delle Regionali del 2009.
Poteva esser l'occasione per porre rimedio a due gravissimi errori compiuti dalla giunta, invece alle logiche della libertà di esprimersi nel referendum ha prevalso la libertà di disimpegnarsi.
C'è da dire che il centrodestra non è immune da colpe: all'interno dello schieramento ha vavuto la meglio, allo stesso modo, la diatriba interna piuttosto che l'interesse dei cittadini. Il fronte per il Si ai referendum, infatti, è stato retto da una manciata di politici, mentre gli altri, probabilmente, se la spassavano in gita, complice la discreta giornata.
Mi auguro la prossima volta si possano evitare simili cazzate...

Ps: ad ogni modo, il prossimo conterraneo che sentirò lamentarsi della disastrosa gestione delle acque in Regione dovrà fare i conti con la mia furia!

A proposito, ecco due articoli: il moderato e lo schierato.

Poeta in erba

domenica 21 settembre 2008


Finalmente è arrivata la tanto agognata raccolta di versi del poeta-guerriero. L'attendevamo da tempo.
Pubblicata, manco a dirlo, in America.
Ne faremo buon uso (vedi sopra).

L'eterno riposo

venerdì 19 settembre 2008


Grazie a certo sindacato marxista, l'Alitalia è (praticamente) fallita.
I miei più sentiti complimenti.
Chissà se i piloti esulteranno tanto quando si troveranno per strada...
Mi spiace solo per le loro famiglie, queste si incolpevoli della loro follia... e di coloro che li rappresentano.

Sul mestiere più antico (e redditizio, per gli sfruttatori)

sabato 13 settembre 2008


Dichiarazione del ministro Mara Carfagna che, dopo aver finalmente emanato norme più severe per prostitute e clienti (i quali, non dimentichiamolo, sono i veri colpevoli del fenomeno, ndr), con l'ormai famoso ddl Carfagna, ha detto:

"Il governo non regolamentera' la prostituzione negli appartamenti, mentre sono allo studio delle norme per intervenire sulla pornografia on line". Lo ha detto questa mattina a Rainews 24 il ministro per le Pari opportunita', Mara Carfagna. "Non e' nostra intenzione normare la prostituzione nelle case private - ha spiegato il ministro - perche' vorrebbe dire regolamentare e legittimare questo fenomeno. E non e' nelle intenzioni del governo". Con queste parole, Mara Carfagna ha risposto alla richiesta d'intervento avanzata dal sindaco di Verona, Flavio Tosi, anche lui ospite di Rainews 24. E sulla prostituzione in internet, il ministro ha assicurato: "Ce ne occuperemo contestualmente con il tema della pedofilia e della pedopornografia on line".

Fonte: AgiNewsOn

Bene così: è ora di utilizzar il pugno duro. Non si tratta 'appena' di pulire le strade (sarebbe come nascondere la polvere sotto ai tappeti, e a quel punto sarebbe solo demagogia), ma di far capire che la perversione di alcuni (troppi) alimenta le già ricche tasche della malavita. Per questo no anche alle case chiuse, che sono la vergogna di uno stato che si arrende davanti allo 'status quo'.

Bene così, al momento!

Zitti tutti, parla Sofri


Zitti tutti, parla Sofri
di Mario Cervi

La spocchia aggressiva con cui Adriano Sofri ha voluto togliere al commissario Calabresi l’aureola del martire, (leggere l'articolo pubblicato su 'Il Foglio', disponibile qui, ndr) e ai suoi assassini la qualifica di terroristi, è sconvolgente. Sofri è fatto così, e Michele Brambilla ne ha descritto ieri, con straordinaria penetrazione, i cupi contorsionismi logici. Ma certi silenzi seguiti al proclama con cui l’ex leader di Lotta Continua ha rivendicato, in nome dell’idea, la nobiltà e l’ineluttabilità del sacrificio d’un innocente, sono peggio che sconvolgenti. Sono ripugnanti. Sono silenzi che attestano il doppiopesismo, l’ipocrisia, il conformismo pavido d’un ceto politico capace solo d’indignazioni a comando. Non un vero scatto di reazione morale di fronte alla provocazione di Sofri. Nel palazzo si sono sentite alte e forti - ma prevedibili nel tono e nella sostanza - le voci di esponenti del centrodestra, Maurizio Gasparri e Paolo Romani. Gli altri zitti, o capaci soltanto di borbottii vaghi. Zitti gli strenui difensori della magistratura, che danno istericamente addosso al centrodestra se critica un giudice, ma sono di una calma marmorea se viene tacciata d’iniquità una sentenza definitiva. Dov’è finita la sensibilità esasperata di quanti, apostoli della Costituzione, dell’antifascismo e di chissà quant’altro, sono saltati addosso a Gianni Alemanno e a Ignazio La Russa per le loro frasi sul ventennio e su Salò? Fossero o no opportune, esse riguardavano una problematica storica e avvenimenti del passato remoto. Sofri s’è occupato invece di se stesso, dei suoi compagni d’un tempo, e della loro (e sua) vittima: polemizzando oltretutto con il figlio di quella vittima diventato giornalista. Ma per Alemanno e La Russa s’è scatenato il finimondo, il Capo dello Stato ha avvertito l’esigenza di un suo intervento. Confesso che avrei gradito una parola dal Quirinale anche per riaffermare che gli uccisori del commissario Calabresi erano terroristi, che il commissario non era un repressore crudele, che non è lecito invocare la tragedia di piazza Fontana e la morte dell’anarchico galantuomo Pinelli per attribuire un alibi etico, se non giudiziario, ai fanatici “rossi”. Osservo per inciso che Sofri, addebitando a Calabresi d’essere stato un attore di primo piano nella “ostinata premeditazione” contro gli anarchici, ripropone una vecchia tesi secondo cui la Questura di Milano, subito dopo la strage di piazza Fontana, volle dolosamente deviare le indagini. Non intendo sollevare dubbi sulle conclusioni raggiunte successivamente. Osservo peraltro - essendo stato anche cronista di quell’evento spaventoso - che Valpreda aveva fondato un circolo il cui motto era “bombe sangue ed anarchia”, e che l’interessarsi a quel circolo e al suo creatore dopo che una bomba era scoppiata non aveva nulla di stravagante. Tra i silenzi che mi hanno assordato - secondo un detto ormai in voga - debbo registrare anche quello del quotidiano Repubblica, dove è uscito l’articolo di Mario Calabresi contestato da Sofri, e dove scrive lo stesso Sofri. Non una riga di notizia o di commento. Eppure per Repubblica, il cui fondatore Eugenio Scalfari fu tra i firmatari d’un manifesto che definiva Calabresi “commissario torturatore” questa vicenda dovrebbe essere interessante. Invece niente. Non ha taciuto invece un ex di Lotta Continua, Gad Lerner. Il quale, dopo aver ritualmente espresso profondo rispetto per Mario Calabresi e la sua famiglia, ha aggiunto: «Questo non può togliere ad un uomo già privato della sua libertà (non da un regime poliziesco ma da giudici indipendenti ndr) il diritto alle sue opinioni». Si può anche convenire. Diritto alle opinioni per Sofri come per Alemanno. Ma la differenza sta nelle reazioni. L’assunto è che i ragazzi ventenni arruolati dalla Repubblica di Salò fossero malvagi, e non lo fossero invece i giustizieri della P 38, Sofri dixit. A sinistra espressioni imbarazzate («uscita fuori luogo») o, lo ripeto, un silenzio di tomba. Come quella che ormai da 36 anni custodisce i resti di Luigi Calabresi.

Fonte: IlGiornale.it

Assolutamente vergognoso.

Obama? Se la sta facendo addosso...

giovedì 11 settembre 2008


Il senatore democrats, sempre così lindo e profumato e pacato, pare che abbia perso la sua proverbiale tranquillità, incappando in un passo falso degno di un pivellino.
Precisamente, si tratta dell'ennesimo passo falso serio. Il terzo, per la precisione.

Il primo è stato questo.

Il secondo eccolo qua, pochi giorni fa.

Se tanto mi da tanto, domani potrebbe esserci su questo blog un altro post su qualche altra sua clamorosa gaffe...
Sta dimostrando, di fatto, di non esser pronto a guidare proprio nulla, men che meno l'America, visto che al primo momento serio di tensione è sbottato, sbraitando e insultando.
Dove stia la novità della politica fatta in questo modo, non è dato sapere.
Pensate forse che gli americani possano esser tanto sprovveduti, tanto sciocchi, da dare in mano il governo della nazione ad un politico simile? Suvvia, siamo seri...


ps: nell'immagine il senatore osserva il traguardo, che era e resta sempre a debita distanza...

Picche e ripicche (04/09/2008)

martedì 9 settembre 2008

# «Uccidere il padre, psicoanaliticamente parlando, può andare bene. Mangiarsi tutta l’eredità no», dice Sergio Chiamparino sulla Stampa (29 agosto).
Il dibattito all’interno del Pd diventa giorno dopo giorno più sereno. Presto si passerà a esaminare l’argomento se sia opportuno o meno divorare il compagno di banco.

# «L’Italia stramazza a terra e anche Veltroni gira a vuoto», dice Famiglia cristiana al Corriere della Sera (27 agosto).

Chissà che cosa prepara don Sciortino per farsi notare nei prossimi giorni. Si metterà a correre nudo in qualche parco?

# «Mi sento un pò orfano dell’Ulivo», dice Romano Prodi alla Stampa (26 agosto).

E di Nizza e Savoia, non diciamo niente?

# «Nessuno mi ha chiamato, né dal partito, né dal giornale», dice Furio Colombo alla Stampa (26 agosto).
Se non gli fosse rimasto il coiffeur di Capalbio, Furio non saprebbe proprio più con chi parlare.

# «Abbiamo riempito l’Unità di valori», dice Antonio Padellaro al Corriere della Sera (23 agosto).

E si è tanto esagerato che Concita avrà un po’ una funzione da spurgo.

# «Grillo arriva a conclusioni spesso rudimentali, ma non di rado lo condivido», dice Michele Santoro alla Stampa (29 agosto).
Perché quel “ma”?

# «Rispetto a lui io ho un taglio più solidaristico e meno poliziesco», dice Rosa Russo Jervolino al Corriere della Sera (25 agosto).

Non si troverà mai un rifiuto a Napoli che possa dire di essere stato represso dalla Jervolino.

# «Il pm indipendente, è una conquista che ci invidiano all’estero», dice Augusto Barbera al Corriere della Sera (23 agosto).

Subito dopo la pizza, il Colosseo e le gondole. Alla pari con i maccheroni.

# «Chi detta linee politiche diverse da quelle indicate dai vertici nazionali del partito, parla a titolo personale», dice Cristiano Di Pietro alla Stampa (29 agosto).
Nell’Italia dei valori non si parla a titolo personale, bensì a titolo famigliare.

# «Qui, a Firenze alla Festa nazionale del Pd, il ristorante dei compagni di Sesto Fiorentino ha sempre la stessa batteria con il fondo marchiato a fuoco Pci», dice Alessandra Longo su Repubblica (27 agosto).

Pentole. Il diavolo ha qualche problema con i coperchi. Il Pd con i fondi.

# «Veltroni così porterà gli elettori alla depressione», dice Arturo Parisi alla Stampa (20 agosto).

Giusto dove li aveva trovati.

# «L’aspetto inquietante consiste invece nel degrado dell’opinione pubblica in una miriade di opinioni private», dice Eugenio Scalfari sulla Repubblica (24 agosto).

Come si distingue un’opinione pubblica da una privata? Quella pubblica è sempre in sintonia con Scalfari.

Fonte: Tempi.it