La spesa furba

venerdì 4 aprile 2008

Ho comprato sei voti
Andare a Colonia e scoprire che portarsi a casa le schede elettorali degli italiani all’estero è ancora un affare da pochi euro. Ecco come e dove trovare i plichi spediti dal consolato tedesco
di Rodolfo Casadei

Colonia

“Wenn unzustellbar, zurück! Consolato Generale d’Italia, Universitätsstrasse 81 - 50931 Köln”. La scritta sulla busta bianca rettangolare, marchiata col timbro blu della postalizzazione tedesca in alto a destra, non lascia adito a equivoci: quando questo plico non trova il suo destinatario, deve tornare all’ufficio del consolato italiano di Colonia, responsabile della spedizione. Invece si trova, insieme a un’altra quasi identica, nelle mie mani. Per due precise ragioni: la prima è che il destinatario ha regolarmente ricevuto quanto gli era stato inviato; la seconda è che successivamente ha deciso di cederla a me in cambio di denaro. Sì, è andata proprio così: ho comprato sei plichi contenenti le schede del voto degli italiani all’estero. Ho preso un aereo, sono sceso in una città tedesca dove nessuno mi conosceva e nel giro di 48 ore ho trovato chi mi ha venduto il suo voto. Potevo acquistarne altri ma mi sono fermato a sei perché lo scopo era raggiunto: dimostrare quanto è facile alterare la regolarità del voto della Circoscrizione Estero. Due anni fa l’inchiesta di Tempi sui brogli nel voto degli italiani nel mondo non provocò alcun serio provvedimento migliorativo. Vediamo se stavolta il sistema continuerà a fingere di essere cieco oltre che analfabeta. Adesso dovrà non solo far finta di non saper leggere, ma anche di non vedere la foto della merce ottenuta da Tempi.
Certo, chi vuole potrà sostenere che la foto e questo racconto non dimostrano niente, perché in questo momento i plichi non sono più nelle mie mani. Infatti li ho restituiti intatti ai destinatari legittimi, poveri diavoli sui quali non c’è motivo di infierire. Se i nostri connazionali all’estero mercanteggiano così facilmente il proprio diritto a partecipare alla democrazia italiana, è per una lunga serie di ragioni: indifferenza alle vicende politiche nazionali, sfiducia nei riguardi dei candidati, rapporti di sudditanza nei confronti di persone da cui hanno ricevuto favori, in alcuni casi condizioni di vera e propria povertà che rendono allettanti persino i pochi euro offerti per il loro voto. Forse pochi sanno che sono finiti i tempi in cui i nostri emigranti riuscivano a mantenersi in Belgio, Germania, Svizzera, eccetera e nello stesso tempo a mandare in patria i soldi per la casa dove avrebbero trascorso la vecchiaia. Oggi i nostri emigrati che continuano a svolgere occupazioni ordinarie o umili (e nel Nord Europa sono la grande maggioranza) non possono immaginare altro futuro che nei paesi in cui si sono trasferiti, e con garanzie di welfare molto meno generose che in passato. Insomma, è l’occasione che fa l’uomo ladro. Fino a quando a regolare il voto degli italiani all’estero sarà una normativa difettosa e irrealistica come quella in vigore, l’onestà e la trasparenza del responso elettorale saranno una barzelletta.
La spedizione non era iniziata nel migliore dei modi. Per osare la mia offerta ero entrato in un bistrot italiano di Ehrenfeld, quartiere della prima periferia di Colonia popolato di italiani e di turchi. Ogni pochi metri si incontrano bar e salumifici tricolore, Internet cafe e Döner Kebab turchi. Il locale mi era stato segnalato come uno di quelli al centro di collette di voti a favore di un candidato. Il gestore del locale pagherebbe dei ragazzi che gli portano plichi chiusi ancora da votare, e il candidato (uno della Destra) li ricomprerebbe da lui a un prezzo maggiorato dei due terzi. Pensavo di poter conquistare poco alla volta la confidenza di qualche avventore e arrivare per gradi al dunque. Ma mantenere l’incognito sulla propria identità professionale in un bar di emigrati italiani (siciliani) in Germania è più difficile che entrare nudi in chiesa e passare inosservati. Nel giro di un quarto d’ora si riunisce un trio di avventori, ognuno dei quali entrando ha lanciato un’occhiata indagatrice allo sconosciuto seduto al tavolino fra il quadro di padre Pio e due macchinette mangiasoldi. Dopo un po’ di borbottii cominciano a parlare ad alta voce dello schifo della politica italiana e dello schifissimo del voto italiano all’estero. «Hanno già cominciato a chiedere le schede come l’altra volta», urla quello che sembrava il più distinto dei tre. «Se un giornalista sente le cose che stiamo dicendo gli si rizzano tutti i capelli in testa». «Io a casa ho sette schede», grida mentre solleva le mani e fa il numero con le dita. «Se mi danno 10 mila euro gliele do tutte». Più modesto il quarantenne vicino a lui: «No, io gliele do se mi pagano l’affitto: 800 euro». Di lì a poco pago il conto e me ne vado, umiliato.
«Possono permettersi il lusso di comprare le buste elettorali per cercare di essere eletti. La storia dura già da due settimane, la quota di una busta si aggira oggi sui 5 euro». Altro che 10 mila o 800 euro. È il testo di una dichiarazione rilasciata all’agenzia di stampa Aise da un candidato residente a Colonia, Rosario Cambiano, che si presenta al Senato per l’Udc. Lo contatto per saperne di più circa l’identità dei compratori, ma lui taglia corto e si defila: «Sì, l’ho già detto, il prezzo finale è 5 euro. Chi porta le buste al collettore riceve 3 euro l’una, poi quel signore le rivende al candidato per 5 euro. Ma guardi che ci sono molti altri problemi in questo voto. Quando ho presentato i miei documenti per la candidatura, ho scoperto che il mio nome non figurava più nell’Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, nda) benché io viva qua da 26 anni, ma era riapparso nell’anagrafe del mio Comune italiano di nascita. Ho dovuto chiamarli io per riavere i miei diritti. E un’altra cosa: mia moglie è russa di passaporto, ma alle passate elezioni le hanno inviato il plico per votare come cittadina italiana all’estero. Sono andato io a restituirlo al consolato».

Effettivamente le incongruenze fra gli elenchi dell’Aire, quelli in possesso dei consolati e quello in base a cui il ministero degli Interni fa spedire le schede agli elettori sono un altro grandissimo casino del voto italiano all’estero. Sono potuto entrare in contatto con una famiglia nella quale la giovane moglie, dell’età di 23 anni, ha ricevuto insieme alla scheda per la Camera anche quella per il Senato, benché in quest’ultimo caso l’età per il voto sia fissata a 25 anni. E con un’altra famiglia dove un ragazzo di 15 anni – quindici anni! – ha ricevuto un plico elettorale a lui intestato contenente una sola scheda: quella per il Senato… Entrambi me le hanno lasciate per ricordo.

Il postino distratto

Poi ci sono quelli che i plichi non li hanno ricevuti. Entro in un condominio della Velnoer Strasse di Ehrenfeld dove abitano quattro famiglie italiane. Parlo con uno dei ragazzi. Mi racconta che oggi, sabato 29 marzo, ultimo giorno utile per ricevere le schede (poi bisogna andare a protestare al consolato), delle quattro famiglie italiane del palazzo solo due hanno ricevuto i plichi. Però alla famiglia che ne aspettava sei ne è arrivato solo uno, e a quella che ne aspettava quattro pure. In totale, di diciannove plichi attesi ne sono arrivati solo due. Che fine hanno fatto gli altri? Si può ragionevolmente pensare che siano stati portati via dalle buchette della posta: i due sopravvissuti erano troppo “profondi” per essere recuperati, ma gli altri no. Quest’anno alcune circoscrizioni consolari (per esempio quelle del Belgio) hanno deciso di spedire i plichi con una raccomandata: i destinatari devono firmare quando ricevono le buste. Quelle della Germania no: i postini tedeschi sono addestrati a infilare la posta al sicuro in fondo alle buchette, ha fatto sapere l’ambasciata italiana. Sono testimone diretto che non è così: ho pedinato qualche postino tedesco sabato mattina, e se avessi voluto avrei potuto rubare la posta che lui imbucava. Sono giovanissimi, hanno una tuta gialla e nera e spingono sul marciapiede un carrello giallo col contrassegno del corno da caccia. Quando il postino ha girato l’angolo della Leyendeckerstrasse, tutte le porte dei palazzi erano ancora aperte e negli atrii si vedeva la posta che debordava dalle buche. Per il semplice fatto che sabato era in distribuzione un giornale pubblicitario, Imzukaufen, che col suo volume teneva aperte le bocche delle cassette.

La raccolta porta a porta
Ma non è affatto necessario rubare i plichi per ottenerli. Spesso basta andare per le case. Carmelo Bruna, capomastro di origine siciliana, ha ricevuto una visita mercoledì sera: «Si sono presentati due signori giovani e mi hanno detto: “Siamo del partito di Berlusconi. Se la pensa come noi ci dia per favore le buste. Ci pensiamo noi a votarle”. Io gli ho risposto: “Ma non sono nemmeno ancora arrivate!”». I visitatori potevano in realtà essere di qualsiasi partito. Gira voce che il più grosso dei gruppi organizzati che vanno in giro a chiedere i plichi agli italiani faccia riferimento a una ditta di macchine da gioco con sede legale in Liebigstrasse. Alle elezioni passate costoro avevano fatto incetta di plichi per un candidato donna dell’Unione, che ha ricevuto tantissimi voti e sfiorato l’elezione pur essendo poco conosciuta. Quest’anno invece si sarebbero gemellati con un importante candidato del Popolo della Libertà. Un altro candidato molto attivo appartiene alla Destra: raccoglierebbe i plichi in esclusiva in almeno tre bar italiani in Leyendeckerstrasse, Subbelratherstrasse e Mühlheimstrasse a Kalk, un sobborgo di Colonia.

A proposito: le mie sei buste io le ho pagate 150 euro, cinque volte più del valore di listino al 29 marzo. Spero tanto di aver provocato una spirale inflazionistica.

Fonte: Tempi

Allucinante, vero? Questo per dimostrare, ancora una volta (se ce ne fosse bisogno) che il voto per gli italiani all'estero, in questa forma, è una buffonata. Buffonata che, nella scorsa edizione delle Elezioni Politiche, era stata già abbondantemenete smascherata dallo stesso Tempi. E per la quale il Governo non si è assolutamente mosso. Oggi come allora. Una vergogna; l'ennesima.

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